È sempre aperta la questione su come sia possibile riuscire a rapportare situazioni e condizioni lacerate, separate, a riconciliare fratture e divisioni. E questo sia sul piano personale e relazionale sia su quello più ampio delle situazioni storiche.
Emerge sempre, in chi cerca, l'interrogativo di dove stia Dio e quindi a quale Dio ci si riferisce.
Un figlio, il minore di due, se ne va di casa dopo aver chiesto in anticipo la sua parte di eredità. Questa possibilità prevista dalla legge segna di fatto la frattura di una relazione e anche l'umiliazione del padre di fronte a tutta la comunità per la perdita della sua autorevolezza. Si tratta di un uomo buono, sensibile saggio che da tempo soffre profondamente per il rapporto difficile con quel figlio e ora per lo strappo con lui.
È soprattutto preoccupato della sua scarsa maturità, della sua concezione della libertà individualistica, priva di responsabilità. Di fatto il figlio in breve tempo consuma tutti i soldi, brucia strumentalmente rapporti, svuota di senso la sua vita e si trova solo a fare la guardia ai maiali. Una condizione di degrado senza alcun riferimento, priva di futuro. Emerge lui la percezione della bontà di suo padre che probabilmente lo accoglierà per dargli la possibilità di lavorare nell'azienda di famiglia. S'incammina verso casa ripetendo dentro di sé le parole più idonee da rivolgere al padre.
Quest'uomo in realtà non ha mai smesso di pensare al figlio, si è preoccupato, ha sofferto, pianto e pregato, lo ha aspettato. Appena lo intravede, "commosso gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia".
E poi ordina ai servi di farlo lavare, di prendere per lui il vestito più bello e di farglielo indossare, di mettergli l'anello al dito e di dargli un paio di sandali. Una successione di attenzioni per affermare la sua dignità di uomo e di figlio. E poi una festa speciale, partecipata, aperta a tante persone: "perché questo figlio era come morto ed ora è tornato in vita, era perduto e ora l'ho ritrovato".
Il figlio maggiore lavora, come ogni altro giorno, nella campagna. È un giovane ordinato, serio, operoso. Informato di quello che sta accadendo resta del tutto contrariato, anzi offeso. Il padre cerca di convincerlo ad entrare, ma lui gli fa presente la diversità del suo comportamento considerato così normale, da non essere apprezzato come dovrebbe esserlo. Per suo fratello sconsiderato e dissoluto questa accoglienza festosa è incomprensibile. Non si tratta certo di assolvere in modo disinvolto il comportamento del fratello minore, né di svilire la correttezza di quello maggiore.
Le dimensioni che provocano in noi tutti profonda riflessione sono l'attesa del padre e il suo amore incondizionato che va ben oltre ogni criterio di meriti e demeriti: è l'amore che salva il figlio e favorisce lui il passaggio dalla morte esistenziale alla vita, al suo significato profondo.
E insieme come conseguenza la festosa e la musica come esperienza di accoglienza reciproca, di condivisione, di relazioni significative che aiutino a guarire le ferite, che comunichino fiducia e forza interiore. Il fratello maggiore, ammirevole per il suo comportamento, di fatto è privo di amore e di disponibilità gratuita, non riesce ad andare oltre il dare e ricevere, il ripetere il compito quotidiano senza fremiti, sussulti, slanci. Gesù racconta questa parabola straordinaria, umanissima, commovente come risposta alle critiche dei farisei e dei maestri della legge perché lui frequenta i peccatori. Dio è come quel padre e lui, Gesù , ne comunica la presenza, le parole, i gesti.