Il Vangelo di questa domenica ci porta a verificare il nostro essere cristiani, più propriamente il cercare di diventarlo con le scelte quotidiane. Infatti non c'è nessuna rendita di posizione, nessuna dichiarazione esauriente, ma unicamente la testimonianza fedele e coerente di quello che si afferma di credere, soprattutto del riferimento a Gesù di Nazareth, alle sue parole, ai suoi gesti, alle sue relazioni con le persone. Gesù è in cammino verso Gerusalemme: sente l'importanza di annunciare il Vangelo nel centro della religione e dell'identità del suo popolo, centro anche del potere religioso, politico, dottrinale e legislativo.
Ha coscienza che proprio a Gerusalemme si realizzerà il massimo contrasto alla sua persona e al suo messaggio da parte delle classi dirigenti. Durante il cammino con questa consapevolezza interiore tribolata e insieme serena, avvengono gli incontri con le persone, alcuni particolarmente significativi ed indicativi anche per noi oggi. Un tale, preso dall'entusiasmo per Gesù gli dice: “Io verrò con te dovunque andrai”. Ma Gesù gli rispose: “Le volpi hanno una tana e gli uccelli hanno un nido, ma il Figlio dell'uomo non ha un posto dove potersi riposare”.
A Gesù non manca una casa: c'è sempre quella di famiglia, a Nazareth, ci sono quelle degli amici Pietro e Andrea a Cafarnao, di Marta, Maria e Lazzaro a Betania In realtà lui vive come profugo e ramingo, guidato dall’urgenza dell'annuncio e della testimonianza, non certo da calcoli di opportunità, vantaggi e successi. È rifiutato dai suoi compaesani, dai samaritani, dai giudei, ricercato da Erode e avversato in modo crescente dalle autorità religiose e politiche. La sua povertà è soprattutto l'insicurezza, la mancanza di protezioni e di alleanze. Nella prima fase della sua missione le folle lo attorniano ma lui ne percepisce anche la fragilità e le oscillazioni, anche se fa tutto il possibile per istruirle nei cuori e nelle coscienze.
Chi cerca di seguirlo oggi non può pretendere che proprio nel nome suo ci siano protezioni, alleanze compiacenti, vantaggi di posizione, introiti economici. L'invito urgente e serio è alla libertà da condizionamenti di vario genere come persone e come comunità cristiane, come Chiesa in quanto tale, soprattutto dal potere nelle sue diverse manifestazioni.
Gesù stesso invita poi un altro a seguirlo, questi gli chiede di andare prima a seppellire suo padre e Gesù: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti. Tu invece va ad annunciare il regno di Dio”. Queste parole paradossali non intendono certo sminuire l'importanza dei sentimenti, la lacerazione degli affetti, il coinvolgimento nel dolore, l'importanza della vicinanza ma indicare la possibilità che la morte non diventi interruzione di un progetto e di un percorso di annuncio e di pratica positiva della vita.
Un altro dice a Gesù che è disponibile a seguirlo: “prima però di lasciarlo andare a salutare i suoi parenti” e Gesù gli risponde: “Chi mette mano all'aratro e poi si volta indietro non è adatto per il regno di Dio”. Nell'annunciare e testimoniare con fedeltà e coerenza il Vangelo non ci dovrebbero essere rimandi, ritardi, remore di sorta, freni e sospensioni per le difficoltà incontrate, per le paure, per gli esiti incerti. Si è chiamati a continuare e ad arare e a seminare.