La questione della pace non è una fra le altre, bensì quella decisiva, dirimente tutte le altre. Che senso ha parlare di cultura se non favorire la pace? E quale etica se non orienta nella stessa sintonia e direzione? E quale economia se non quella della giustizia indispensabile per la pace? E quale politica se non pone come priorità la costruzione della pace? E che senso avrebbero tutte le fedi religiose se non si coinvolgono costantemente nell’educazione e nell’impegno per la giustizia, la pace, la salvaguardia dell’ambiente vitale?
Ma perché la pace, l’aspirazione più condivisa e diffusa di fatto poi è smentita, colpita, ferita, distrutta? Perché l’essere umano così facilmente passa la fragile soglia fra non violenza e violenza e diventa protagonista di azioni violente fino all’uccisione dell’altro, che fino a poco prima aveva deprecato e giudicato inaccettabili e disumane? Pare proprio che la risposta debba essere una educazione permanente alla sensibilità e all’impegno e che riguardi tante dimensioni fra le quali prioritarie quella culturale e spirituale. Questo orientamento e questa pratica sono indispensabili anche nei confronti dei diversi terrorismi, insieme a strategie di investigazione di prevenzione, di contrasto.
Il Vangelo di questa domenica (Luca 12, 49-53) sollecita a schierarsi, a prendere posizione. Gesù di Nazaret si sente continuamente sollecitato da una missione coinvolge la profondità del suo essere e di cui avverte l’urgenza della realizzazione.
“Io sono venuto ad accendere il fuoco sulla terra e vorrei davvero che fosse già acceso. Ho un battesimo da ricevere, ed è grande la mia angoscia fino a quando non l’avrò ricevuto”. Il fuoco è segno di vita, di ardore, ma anche del giudizio ultimo di Dio che di fatto diventa luce e verifica sulle scelte di ogni giorno. Il battesimo indica l’immersione nelle acque segno di morte e insieme di vita. Quindi due espressioni simboliche con cui Gesù attribuisce un significato religioso e profetico alla sua morte violenta. E poi in un modo che appare paradossale introduce lo spirito della contraddizione fino alla divisione per costruire la pace vera.
“Pensate che io sia venuto a portare pace nel mondo? No, ve lo assicuro, non la pace, ma la divisione”. Lui è il fondamento della pace e ne è incessantemente maestro, ma non di una pace di apparente tranquillità che copre ingiustizie, menzogne, divisioni, lacerazioni, malesseri; non della pace come aggiustamento inconsistente: la pace di Gesù parte dalla considerazione veritiera della realtà personale, familiare, sociale, politica, religiosa; scoperchia le situazioni inaccettabili, chiede denuncia, prospettiva, sensibilità, dedizione e impegno. Nella situazione storica attuale da situazioni di pace apparente con frequenza tragica emergono violenze sorprendenti e omicide. In realtà, la pace già prima non c’era perché si alimentava e covava la violenza, la negazione dell’altro fino a progettare la sua eliminazione. La costruzione autentica della pace chiede a noi tutti verità, giustizia, dedizione e amore.