Il tempo in cui viviamo è complesso e tribolato; le situazioni drammatiche: povertà e guerre, dittature, oppressione, violenze, discriminazioni e rifiuto degli altri diversi sono quotidianamente sotto i nostri occhi; innalzamento della temperatura, distruzione di specie viventi. Individualismo, paure, chiusure, emotività irrazionali. E nello stesso tempo si scorgono segni di umanità buona e positiva in tante persone in comunità disponibili e operose nella pratica del bene.
Il Vangelo di questa domenica (Luca 21,5-19) con il linguaggio proprio di quel tempo ci parla di dolori e di persecuzioni, di guerre e rivoluzioni, di grandi terremoti, pestilenze e carestie, di fenomeni spaventosi e disegni grandiosi nei cieli. E ancora di arresti, di prigionia e persecuzioni. Si afferma che queste situazioni sono un'occasione per dare testimonianza anche se questa suscita avversione, perfino odio. Si parla ancora di tradimenti perfino da parte di familiari e di amici e del martirio segno di fedeltà e coerenza.
Si esorta alla fiducia “neppure un capello del vostro capo andrà perduto”. E alla resistenza: “Se saprete resistere sino alla fine, salverete voi stessi”. Questo linguaggio e genere letterario apocalittici trovano riscontri in tante situazioni della storia attuale: l'indicazione drammatica riguarda, ad esempio, gli 800 bambini che ogni ora nel mondo muoiono, più realistico affermare vengono uccisi da fame, guerre, mancanza di cura; i 3800 morti, inghiottiti dalle acque del Mediterraneo, immenso cimitero fino ad ora in questo anno 2016. E tante altre situazioni si possono indicare. La salvezza, dice il Vangelo, deriva dalla resistenza nella fede, negli ideali di un'umanità giusta e fraterna.
Una decina di giorni fa nel Centro Balducci il filosofo Massimo Cacciari ha condotto le tante persone presenti in una riflessione profonda sul senso della salvezza: chi è che cosa può salvarci? E si è riferito a due paradigmi: quello scientifico e filosofico e quello religioso. Secondo il primo solo il sapere salva; le sue conquiste, le sue acquisizioni i suoi successi sono stati e sono certamente straordinari; nello stesso tempo uno sguardo veritiero sul mondo ci porta una disillusione, se consideriamo povertà, fame, sfruttamento e usurpazione dell'ambiente, guerra, morti e altri drammi ancora.
Quindi la scienza non salva come ci si era illusi anche se la sua importanza è indiscutibile e questo perché è diventata un potere e non un contributo al bene di tutta l’umanità.
Il paradigma religioso, con riferimento esplicito a Gesù di Nazareth e al suo Vangelo, porta ad altri interrogativi. La fede salva, il Signore salva. Si è salvi per la fiducia è una salvezza di Dio, per l'affidamento a Lui. La fede non è chiedere “qualcosa”, è un affidarsi gratuito, senza pretesa di retribuzione. Gesù è venuto e ha annunciato il regno “in noi, in mezza a noi”. La fede salva se c'è la conversione e se la salvezza ricevuta e vissuta diventa disponibilità e impegno a porre nella storia segni di salvezza. Quindi una salvezza vissuta, ricevuta e comunicata, testimoniata. Quando si vive la fede si sperimentano le beatitudine: “Beati voi…”. La domanda drammatica: perché dopo 2000 anni di annuncio del Vangelo le situazioni drammatiche di non-salvezza sono ancora così presenti ed estesi?
La salvezza quindi non può venire dalla scienza e dal pensiero organizzati come potere, non dalla religione strumentale. Solo l'amore può salvarci perché fa sì che il pensiero e la scienza siano al servizio del bene e della vita, perché fa diventare la fede esperienza di salvezza e sua testimonianza.