Una delle qualità più richieste, forse la più richiesta, è la coerenza fra il sentire e il comunicare, fra gli ideali e le convinzioni e la loro traduzione concreta nella vita, fra le dichiarazioni e le loro attuazioni nelle decisioni, nella pratica, nei gesti della vita quotidiana. Al riguardo la fede è molto esigente.
Nel Vangelo delle Beatitudini, l’ultima proposta come sintesi e pregnanza delle precedenti riguarda la serenità interiore di fronte a insulti, falsità, avversioni, persecuzioni; è infatti il “prezzo” della coerenza, da vivere possibilmente senza vittimismi ed eroismi, con la consapevolezza serena che deriva dalla ricerca della coerenza.
Certamente è importante evidenziare che le considerazioni riguardano la coerenza che attua il bene, perché coerenti si sentono anche le persone indifferenti, capitaliste, militariste, razziste i cui atteggiamenti e le cui azioni portano disumanità.
Quando si riflette su questa decisiva questione viene spontaneo ricordare le parole scritte nel suo diario da Rosario Livatino, “ giudice ragazzino” ucciso dalla mafia. “Non ci sarà richiesto se siamo stati credenti, ma credibili”.
Noi tutti sentiamo come maestri e maestre di vita alcune persone in modo particolare: possono essere genitori, fratelli, amici, insegnanti, preti, suore ed altri; alcuni sono conosciuti da tante persone e altri solo da poche, ma con eguale importanza e profondità. E se ci chiediamo il motivo, la loro coerenza di vita emerge subito in modo particolare e determinante.
Il Vangelo di questa domenica (Matteo 21, 28-32) con un esempio di immediata lettura e comprensione fa luce proprio sulla coerenza.
Gesù discutendo con i capi del popolo e dei sacerdoti, cioè con i rappresentanti delle classi dirigenti per svelar la loro grave incoerenza racconta di un padre che manda uno dei suoi due figli a lavorare nel vigneto della famiglia. Questo gli risponde di non avere voglia, ma poi ci ripensa e si reca al lavoro. Lo stesso invito viene rivolto all’altro figlio che risponde in modo affermativo, ma poi nei fatti smentisce questa dichiarata disponibilità e non si reca al lavoro.
Gesù li mette di fronte all’evidenza chiedendo loro chi in realtà ha seguito la richiesta del padre; la loro risposta non può che essere una: il primo figlio.
Allora Gesù afferma in modo severo: “Ebbene, vi assicuro che ladri e prostitute vi passano avanti ed entrano nel regno di Dio.”
Non che Gesù benedica queste situazioni ma riconosce che persone in esse coinvolte spesso per necessità e per costrizione, possono vivere tribolazioni e insieme dimensioni di altruismo, generosità, aiuto agli altri ben maggiori di quelle che cercano in continuità di apparire osservanti delle leggi civili e religiose, di presentarsi in nome di Dio, con la sua benedizione, mentre nei fatti queste sono solo parvenze e coperture ai loro comportamenti segnati da incoerenze a motivo dell’ipocrisia, dell’ingiustizia, della mancanza di compassione nei confronti degli altri, dell’indifferenza.
Il Vangelo ci chiede un esame di coscienza sulle nostre incoerenze e coerenze.