La distinzione fra fede e religione non è solo linguistica ma
prima e soprattutto di contenuto.
Fede è il coinvolgimento della profondità dell’essere: del cuor,e
dei sentimenti, della coscienza, della ragione, di tutto noi stessi. E’
un sentire e vivere; un coinvolgimento interiore che orienta la vita,
sollecita a decisioni.
Religione è la organizzazione storica della fede nelle dottrine,
nei riti, nelle istituzioni.
Si potrebbe auspicare le fede più profonda e la religione più
leggera, cioè essenziale, sobria, significativa, perché c’è sempre il
rischio che la religione comprima e mortifichi la fede.
Gesù di Nazaret non insegna una nuova religione ma invece un modo
di essere, di sentire, di relazionarsi: con se stessi, con gli altri,
con Dio, con le realtà di questo mondo.
Si reca alle volte al tempio per la preghiera e nelle sinagoghe
dove spiega anche le scritture, ma è lontano, altro dall’assetto della
religione del tempio e della sinagoga.
Lui è un laico, fino a ieri è stato un falegname; è un profeta; le
sue parole e i suoi gesti esprimono il suo amore sovversivo che provoca
tutte le persone al cambiamento di se stesse e della realtà del mondo.
Via via si accorge delle critiche e poi dell’avversione nei suoi
confronti delle classi dirigenti, prima appunto quella sacerdotale,
della religione.
L’episodio raccontato dal Vangelo di Giovanni (2,13-25) è
veramente clamoroso. Gesù si reca nel tempio e nel cortile trova i
mercanti che vendono buoi, pecore e colombe e anche i cambia valute
seduti dietro ai loro banchi. Fa una frusta di cordicelle, scaccia
tutti dal tempio con le pecore e i buoi, rovescia i tavoli dei
cambiamonete e sparge a terra i loro soldi. Poi si rivolge ai venditori
di colombe e dice: “Portate via di qua questa roba! Non riducete ad un
mercato la casa di mio Padre!” Il gesto di Gesù nel centro del tempio
della religione è avvertito dai capi come sovversivo; gli chiedono se
può indicare una qualche sua autorità per poter osare tanto.
Nella risposta Gesù usa ancora la provocazione invitando i suoi
interlocutori a distruggere il tempio e lui lo farà risorgere in tre
giorni.
Non possono capire così come sono ingabbiati dall’istituzione
religiosa che Gesù parla del tempio del suo corpo, non dell’edificio
del tempio di Gerusalemme costruito, come loro ricordano, in 46 anni.
Con la sua presenza in questo mondo Gesù di Nazaret ci rivela una
fede che non ha più bisogno di templi religiosi di mura, di edifici di
culto in cui si svolgono i riti, le mediazioni fra l’uomo e Dio fatte
dalle classi sacerdotali perché il vero tempio è il suo corpo che
comunica il Dio umanissimo, i veri templi sono i nostri corpi, le
nostre vite perché ogni volta che lo riconosciamo nell’affamato,
nell’assetato, nel denudato di dignità e vestiti, nell’ammalato, nel
carcerato, nel forestiero viviamo la fede autentica, celebriamo la
liturgia della vita.
Nella storia dell’umanità nell’ambito delle religioni si sono
sempre costruiti i templi che sono comunque segni importanti; diversi
sono la manifestazione di creatività e di arti ammirevoli, ma mai sono
decisivi nel costruire l’umanità della giustizia, della pace, della
fratellanza.
Questa disponibilità e questo impegno sono espressioni della fede
vissuta nella storia, nel prendersi a cuore, nel prendersi cura
dell’umanità. “La gloria di Dio è l’uomo vivente” (S. Ireneo); “La
gloria di Dio è che il povero viva” (vescovo martire Romero).