DOMENICA 14 Aprile 2019 Vangelo Luca 19,35-40 e 23,18-23; 44-49
14/04/2019

DOMENICA 14 APRILE 2019
degli Ulivi e della Passione
Vangelo di Luca 19,35-40 e 23,18-23; 44-49

Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: 
«Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». Ma egli rispose: «Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».
*****
Ma essi si misero a gridare tutti insieme: «Togli di mezzo costui! Rimettici in libertà Barabba!». Questi era stato messo in prigione per una rivolta, scoppiata in città, e per omicidio. Pilato parlò loro di nuovo, perché voleva rimettere in libertà Gesù. Ma essi urlavano: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Ed egli, per la terza volta, disse loro: «Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato in lui nulla che meriti la morte. Dunque, lo punirò e lo rimetterò in libertà». Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso, e le loro grida crescevano.
Era già verso mezzogiorno e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perché il sole si era eclissato. Il velo del tempio si squarciò a metà. Gesù, gridando a gran voce, disse: «Padre,nelle tue mani consegno il mio spirito». Detto questo, spirò. Visto ciò che era accaduto, il centurione dava gloria a Dio dicendo: «Veramente quest'uomo era giusto». Così pure tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto. Tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo

La neutralità non esiste, è una finzione; è sempre importante nella storia che le persone prendano posizione, che noi tutti lo facciamo oggi per affermare giustizia, dignità, diritti umani, pace. Ugualmente lo è partecipare nelle diverse situazioni ed esprimersi, in modo convinto, non occasionale. Il Vangelo di questa Domenica degli Ulivi (Luca 19, 35-40) ci racconta l’ingresso di Gesù a Gerusalemme in mezzo a una folla acclamante che lo festeggia e grida a gran voce la sua esultanza per tutti i segni di grande umanità che Lui ha compiuto; riconosce in lui l’inviato da Dio. 
Gesù entra a Gerusalemme sul dorso di un puledro d’asina come profeta della nonviolenza, come Colui che si mette al servizio per la convivenza pacifica degli abitanti di quella città. Chi entrava nella città sui cavalli, con i carriaggi e le armi era spinto dalla logica della conquista e del dominio. Anche alcuni farisei si trovano fra la folla, si rivolgono direttamente a Gesù e gli chiedono di far tacere quella gente. E lui risponde: «Se tacciono loro si metteranno a gridare le pietre».  
Un messaggio chiaro per noi: la giustizia, la verità, la pace, la cura della casa comune vanno gridate e va riconosciuto chi ne è voce profetica e significativa. Altrimenti le pietre prenderanno il posto di chi per paura, calcolo, interesse, indifferenza, tace. Partecipare oggi all’Eucarestia, tenere in mano un ramoscello di ulivo e poi portarlo nelle strade, nelle case non deve rimanere un gesto rituale fine a se stesso, quasi folcloristico, ma diventare il segno di un impegno quotidiano per la giustizia, la pace, l’accoglienza, la cura della casa comune; per esprimere una cultura alternativa al pensiero negativo di avversione, inimicizia fino all’odio nei confronti degli immigrati, ma anche di ogni persona diversa. È incredibile come molte persone che oggi saranno nelle chiese condividano questo pensiero negativo che è inconciliabile con l’insegnamento di Gesù di Nazaret: non si può essere cristiani e razzisti. 
Una riflessione sempre necessaria riguarda il passaggio della folla dall’osanna nei confronti di Gesù al grido crucifige, sia messo in croce! La folla oscilla, in preda alla emotività irrazionale, priva di convinzioni profonde. Questo accade anche oggi, si grida contro: che le persone non vengano fra noi, se ci sono spariscono; dove e come vivono non importa, che siano torturati in modo impressionante neppure. 
La vicenda di Gesù (Vangelo di Luca 23, 18-23; 44-49) si ripresenta continuamente nella storia: Lui condannato a morte è nei condannati a morte di oggi per fame, privazioni, violenze, guerre, disastri ambientali; nei migranti che muoiono nelle rotte via terra e in mare, nei lager della Libia, sulla rotta balcanica. Come Gesù, sono colpiti giusti e innocenti dalla prepotenza, disumanità e crudeltà. Chi sono i mandanti dell’uccisione di Gesù? Chi lo sono nei confronti degli innocenti di oggi? La morte violenta di Gesù non è attribuibile al caso, al destino: è conseguenza di una scelta del potere religioso, istituzionale e politico, con il supporto del braccio armato dell’impero di Roma. Nello stesso tempo è il segno della fedeltà e coerenza di Gesù, del suo amore incondizionato al Padre e alle persone. Quindi, una morte decisa dalla violenza e brutalità del potere e vissuta come conseguenza dell’amore di chi è disposto a donare tutto anche la propria vita per la giustizia, la pace, l’attenzione a ogni persona liberando da ogni divisione e discriminazione: “prima le persone, ogni persona”. Gesù muore sussurrando: «Padre nelle tue mani affido la mia vita». È la fede radicale dell’affidamento.


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