Il messaggio del Vangelo ci incontra e ci interpella sul nostro cammino.
Il brano di questa domenica (Luca 12,32-48) ci sollecita a riflettere su queste dimensioni fondamentali; la speranza nelle difficoltà, nelle prove, nello smarrimento; la vigilanza, cioè l’essere attenti, svegli, percettivi, consapevoli; la responsabilità riguardo alla nostra vita, insieme a quelle delle altre persone e tutti gli esseri viventi.
Ci sono diversi motivi di sconforto a livello planetario e delle nostre comunità: impoverimento, fame, mancanza di possibilità di vita degna, di istruzione, salute, lavoro, terra, casa; ci sono le guerre, così terribili e diffuse con la fabbricazione e il commercio delle armi in aumento; c’è la gravissima questione della casa comune in rovina.
Ci sono anche in una parte di questa nostra società degrado culturale, etico, politico, legislativo che si concentrano nella disumanità. Le situazioni di violenza e di morte che purtroppo si ripetono dal mare Mediterraneo, ai territori, alle città, invece di suscitare dolore e riflessione sulla violenza che tutti in qualche modo ci riguarda e cercare altre strade prima di tutto educative, culturali e sociali per prevenirle, alimentano le polemiche strumentali e di una certa politica e mezzi di informazione. Fra l’altro una quindicina di giorni fa si è avuta notizia che il presidente degli USA ha annunciato di voler riprendere le esecuzioni capitali, la pena di morte, di persone condannate dai tribunali federali dopo una moratoria durata 16 anni.
Una regressione umana impressionante fra le altre quella di riporre fiducia nella pena di morte.
Come nutrire la speranza in un mondo diverso, alternativo, molto più umano? Da dove trarre la forza per la disponibilità e l’impegno quotidiani?
Gesù di Nazareth ci comunica che cambiare è possibile; importante è crederci anche quando i segni positivi del cambiamento pare siano troppo esigui o non ci siano affatto.
Gesù prefigura il cambiamento anche se di fronte a sé si trova uno sparuto gruppo di persone a cui dice, come a noi oggi: “Non abbiate paura, piccolo gregge, perché il Padre vostro ha voluto darvi il suo regno.”
Si tratta del progetto di un nuovo mondo; per coinvolgersi e partecipare è fondamentale liberarsi da logiche di potere e di possesso.
Se è vero che “dove sono le nostre ricchezze là c’è anche il nostro cuore” significa che amore, giustizia, uguaglianza, libertà, democrazia, fratellanza, diritti umani uguali per tutti, spiritualità autentica, accoglienza, pace, umanità profonda, costituiscono il nostro tesoro che alimenta in noi speranza, disponibilità, pratica del bene nonostante le situazioni avverse.
Mediante la parabola del rapporto fra padrone e servitore il Vangelo ci esorta ancora ad essere vigilanti, a non lasciarci irretire in una mentalità e in situazioni di superficialità, conformismo, frivolezza e banalità, nei pregiudizi e nell’irrazionalità dell’inimicizia.
Per rompere le possibili complicità con la mentalità disumana di questo mondo è fondamentale assumersi la responsabilità storica che deriva da una continua crescita spirituale, culturale, etica, politica e nell’appartenenza alla Chiesa del Vangelo per chi vive questa esperienza, non ad un’istituzione religiosa. Non addormentarsi, non impigrire ma essere capaci di appassionarsi, sdegnarsi, proporre, agire con fedeltà e perseveranza.