DOMENICA 08 GENNAIO 2012 Vangelo Marco 1,7-11
08/01/2012
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DOMENICA 8 GENNAIO 2012
Gesù di Nazaret: in mezzo a condividere
Vangelo di Marco 1,7-11

Alla folla annunziava: «Dopo di me sta per venire colui che è più potente di me; io non sono degno nemmeno di abbassarmi a slacciargli  sandali. Io vi battezzo soltanto con acqua, egli invece vi battezzerà con lo Spirito Santo». Proprio in  quei giorni, da Nazaret, un villaggio della Galilea, arrivò anche Gesù e si fece battezzare da Giovanni nel fiume. Mentre usciva dall’acqua, Gesù vide il cielo aprirsi e lo Spirito santo scendere su di lui come una colomba. Allora dal cielo venne una voce : «Tu sei il Figlio mio, che io amo. Io ti ho mandato».

Le osservazioni e le considerazioni sulla storia umana di ieri e di oggi, a partire anche dalle nostre vicende personali e da quelle che incontriamo, ci portano a descrivere situazioni di ignoranza (nel senso letterale di non conoscenza), conseguenza della pigrizia; di indifferenza; di conformismo; di rassegnazione; di opportunismo; di presunzione; di distacco, di superiorità, al di sopra delle diversità, dei contrasti, delle difficoltà; si vive come se le situazioni della storia e le vicende umane delle persone scorressero ai lati, non interpellassero, non riguardassero.
E allora, di fronte alla ingiustizia strutturale del Pianeta e alle ingiustizie di questa nostra società, si commenta che “è sempre andata così, che in fondo i poveri ci sono sempre stati”; appunto, come se ci collocasse al di fuori della storia ritagliandosi una nicchia di vita individuale, familiare, di gruppo; anche privilegiata e sontuosa, se si tratta di persone ricche. E allora, di fronte alle violenze, sembra fin troppo facile identificarle in alcuni soggetti, come se, pur in modo diverso, non riguardassero noi tutti; e di fronte alla guerra, il commento è ancora ripetitivo: che le guerre ci sono sempre state; anzi, alcune sono giustificabili perché aiutano quelle popolazioni, portando libertà e democrazia; che il numero dei morti sia pauroso e tragico, non ha importanza e neanche le devastazioni dell’anima e del corpo di tanti militari protagonisti di quelle guerre.
E ancora, di fronte agli altri diversi, per alcune situazioni esistenziali, compresa quella di essere stranieri, l’atteggiamento di fondo è il fastidio compensato dalla tolleranza come sopportazione che non ha nulla a che fare con l’attenzione, l’accoglienza, la reciprocità.
E ancora, di fronte alle devastazioni dell’ambiente vitale, si commenta ancora che, di per sé, l’uomo esprime una sua supremazia, che è importante, che basta non esageri.
Rispetto a questi atteggiamenti, se ne pongono altri, proprio come alternativa: al posto dell’ignoranza la ricerca, la conoscenza; la vigilanza, la inquietudine salutare; il dinamismo. Al posto dell’indifferenza, la presenza, la compassione, la premura, la cura; al posto del conformismo, la libertà di coscienza e la responsabilità, il coraggio della parola e dell’azione; al posto della rassegnazione, la resistenza, la reazione, il sogno, l’ideale, la disponibilità e l’impegno; al posto dell’opportunismo, la coerenza e la dedizione convinta e gratuita; al posto del distacco, della presunzione e illusione di porsi al di sopra delle parti, la partecipazione, la condivisione delle esperienze, di quelle tribolate e di quelle positive e arricchenti; le prese di posizione, lo schierarsi senza avversioni e inimicizie.
Questa successione di termini, raccoglie le mille e mille persone che quotidianamente vivono queste scelte e queste esperienze e per questo sono ben riconoscibili nella società e nelle comunità.
Di queste prese di posizione che diventano un modo di essere, la costruzione di una vita in cui potersi riconoscere, è paradigma il battesimo di Gesù di Nazaret al fiume Giordano di cui ci racconta il brano del Vangelo di questa domenica (Marco 1,7-11). Gesù viene da Nazaret dove ha vissuto per trent’anni e ha lavorato da falegname. Ora si mescola alla gente in attesa e ne condivide il desiderio di cambiamento e l’espressione simbolica con il battesimo nell’acqua corrente del fiume Giordano.
E’ un collocarsi emblematico, una dichiarazione programmatica: lui non si porrà al di sopra, in parte, laterale, ma invece in mezzo a vibrare di compassione, ad accogliere, ascoltare, guarire, confortare, rasserenare…le persone con le loro storie concrete.
Gesù, ci rivela che sta in mezzo, che prende parte. Questa sua scelta è confermata e incoraggiata: “Mentre usciva dall’acqua, Gesù vide il cielo aprirsi e lo Spirito santo scendere su di lui come una colomba. Allora dal cielo venne una voce : «Tu sei il Figlio mio, che io amo. Io ti ho mandato”.
Quando ci poniamo in mezzo, viviamo la compassione, la condivisione, il cammino comune, Dio ci riconosce, ci incoraggia e ci benedice.

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