DOMENICA 27 MAGGIO 2012 Giovanni 15,26-27.16,12-15
27/05/2012
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DOMENICA 27 MAGGIO 2012
PENTESCOSTE: UNITA’ NELLA DIVERSITA’
Vangelo Giovanni 15,26-27.16,12-15

Quando verrà l’avvocato che io vi manderò da parte del Padre  mio – lo Spirito della verità che proviene dal Padre – egli sarà il mio testimone, e anche voi lo sarete, perché siete stati con me dal principio. Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora sarebbe troppo per voi; quando però verrà lui, lo Spirito della verità vi guiderà verso tutta la verità. Non vi dirà cose sue, ma quelle che avrà udito, e vi parlerà delle cose che verranno. Nelle sue parole si manifesterà la mia gloria, perché riprenderà quello che io ho insegnato, e ve lo farà capire meglio. Tutto quello che ha il Padre è mio. Per questo ho detto: lo Spirito riprenderà quello che io ho insegnato, e ve lo farà capire meglio.

Nell'esperienza di ciascuna e di ciascuno di noi si evidenzia la difficoltà a riconoscere la diversità dell'altro, perché facilmente prevale la logica dell'affermazione di se stessi a scapito dell'altro, considerato inferiore per qualche aspetto e motivo oppure ricondotto e riassorbito nel proprio modello interpretativo e nel proprio schema mentale e di comportamento. La constatazione di questa difficoltà trova purtroppo conferme tragiche, per durata e vastità, nella storia dell'umanità: è immediato il riferimento agli indios sottomessi, derubati, cristianizzati e sterminati a milioni e ai neri ridotti in schiavitù e deportati ancora a milioni e milioni, agli ebrei, ai nomadi e tutte le vittime del nazismo; a tante altre situazioni.
Da oltre vent'anni, viviamo in modo evidente nella nostra società la nuova esperienza della presenza di donne e uomini che provengono da tanti luoghi del Pianeta e ci comunicano la loro diversità culturale, nel senso antropologico e spirituale. È il fenomeno che più di ogni altro sta modificando strutturalmente la nostra società, proprio perché riguarda le relazioni fra persone diverse, le difficoltà e l'arricchimento della convivenza delle diversità. Ci si può chiedere: quante sono le culture sulla faccia del pianeta? E quante le lingue con le quali le comunità e i popoli si esprimono? E ancora, quante le spiritualità e le ritualità e i simboli? E allora come intendere l'unità del genere umano in presenza di tutte queste differenze?
La Bibbia può illuminare questa riflessione e favorirne una evoluzione positiva, nel racconto della costruzione della torre di Babele e in quella alternativa dell'esperienza dello Spirito a Pentecoste. Un gruppo di uomini potenti decide di dominare l'organizzazione della vita di una città e del territorio circostante. Il loro potere economico, politico e militare è assoluto, dichiarato, organizzato in una logica di onnipotenza, di controllo, di omologazione. Per evidenziarlo costruiscono un'altissima torre in mattoni: per loro non esiste nessun riferimento trascendente e le persone sono unicamente suddite e strumenti.
Quali le conseguenze? Le diversità culturali e spirituali sono annullate; si esprimono, quando riescono, di nascosto; le qualità e le competenze delle persone sono utilizzate per il profitto del potere. Il bene comune è annullato; di conseguenza, ciascuno ricerca strade individuali per sopravvivere; per ingraziarsi gli uomini del potere; qualcuno diventa collaborazionista, altri cospirano la ribellione; altri accettano passivamente e diventano conformisti. Si assiste a una confusione, a una Babele perché manca un progetto unitario a cui tutte le persone possono contribuire.
L'esperienza dello Spirito a Pentecoste è la netta alternativa a Babele. Lo Spirito di Dio è forza creativa; sollecita al sogno, all'idealità, alla manifestazione delle attitudini e delle qualità di ciascuna persona per il bene comune. Gli Atti degli Apostoli (Atti 2,1-12) raccontano che a Gerusalemme erano presenti tante persone di diversi popoli; ciascuna ascoltava l'annuncio del Vangelo e lo capiva; questo perché c'è un linguaggio umano, esistenziale che precede i linguaggi verbali; è quello dell’amore che orienta e guida all’incontro con l’altro, riconoscendo la sua diversità, incontrandola, entrando in relazione di comunicazione, di scambio; liberandosi dalla tentazione di rendere l'altro inferiore o di pretendere di omologarlo: in entrambe le situazioni non si riconosce, non si incontra, non si valorizza la diversità dell'altro che, nella reciprocità, diventa una "dilatazione" della propria identità che, altrimenti si chiude in modo autoreferenziale, aggressivo, in difesa di sé e in attacco della diversità dell'altro ritenuto un pericolo. Il Vangelo (Giovanni 15,26-27; 16,12-15) ci parla dello “Spirito della verità che proviene dal Padre che guida verso tutta la verità”. La verità intera è l’umanità composita dalle diversità delle culture e delle fedi religiose; è, per usare il linguaggio e la prospettiva di p. Balducci “l’uomo planetario” che riunisce le diverse verità dell’essere umano, senza che nessuna prevalga e schiacci le altre, rifuggendo da ogni progetto di dominio e di egemonia, di omologazione e appiattimento.

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