DOMENICA 21 APRILE 2013
L’esempio di un buon pastore:
memoria viva del vescovo profeta e
poeta don Tonino Bello
Vangelo Giovanni 10,27-30
“Le mie pecore ascoltano la mia
voce: io le conosco, ed esse mi seguono. E io gli do la vita eterna:
esse non andranno mai in rovina. Nessuno le strapperà dalla mia mano.
Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti. Per questo
nessuno può strapparle dalle sue mani. Io e il Padre siamo una cosa
sola”.
“Le mie pecore ascoltano la mia voce:
io le conosco, ed esse mi seguono. E io gli do la vita eterna: esse non
andranno mai in rovina. Nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre
mio, che me le ha date, è più grande di tutti. Per questo nessuno può
strapparle dalle sue mani. Io e il Padre siamo una cosa sola”. Questo è
il breve messaggio del Vangelo (Giovanni 10,27-30) che si legge e si
medita in questa domenica nelle comunità cristiane.
L’immagine del pastore e delle pecore parlava in modo diretto agli
abitanti dei villaggi della Palestina, data la pratica diffusa della
pastorizia. Gesù di Nazaret è il pastore "bello", cioè ammirevole,
buono ed esemplare; vive con le pecore, cioè sta in mezzo al popolo;
conosce le pecore, cioè le persone perché le accoglie, le ascolta, vive
la compassione del cuore per le loro situazioni, le guarisce, le
perdona, infonde loro serenità e fiducia. Loro lo ascoltano,
riconoscono la sua voce, lo seguono. La conoscenza di cui parla il
Vangelo è quella dell'amore, della partecipazione, condivisione
dell'animo e delle condizioni esistenziali.
Questa immagine del pastore buono diventa esemplare per tutti, in
particolare per chi svolge un compito di guida e di responsabilità:
genitori, educatori, insegnanti, medici, infermieri, politici, vescovi,
preti, papa.
Si può essere credibili solo se si condivide, se si conosce nel senso
più pieno profondo e ampio della parola, se si partecipa. Il 20 aprile
del 1993, quindi vent'anni fa, è morto a Molfetta (Bari) don Tonino
Bello, vescovo profeta e poeta, a causa di un tumore, a 58 anni: il 22
aprile sul molo di Molfetta, con il mare che si apre davanti, 50.000
persone di ogni condizione ed età partecipa con commozione, con 30
vescovi e trecento sacerdoti, al suo saluto. È stato eretto un grande
palco di legno l’altare; nel colore della luce del tramonto la bara è
come avvolta insieme all'icona di Maria compagna nella sofferenza e
nell'agonia; sopra è collocato il Vangelo aperto: ha toccato il cuore
del popolo, ha conquistato la fiducia dei semplici; ha compiuto una
semina copiosa e profonda come educatore, pastore, annunciatore e
testimone coerente di accoglienza, giustizia e pace. Quando è stato
riportato ad Alessano, suo paese natale, c'è stata una grande festa di
popolo, con 10.000 persone che gli si sono strette intorno, con fiori,
colori e musica: "Bentornato, Tonino, grazie per la tua semplicità".
Un uomo, un credente, un vescovo, vero pastore: sempre in mezzo alla
gente, con una immediatezza straordinaria; ha comunicato il rapporto
fra la terra e il cielo; fra il mare, i sapori e i profumi e la
spiritualità della vita. Non solo ha affermato l'importanza
dell'accoglienza, ma aperto con coerenza il palazzo vescovile di
Molfetta per ospitare persone senza casa; non solo ha annunciato la
pace e non solo pregato per essa, ma insieme ha denunciato armi e
guerre, ha contrastato l'ipotesi di basi militari in terra di Puglia;
ha partecipato, già ammalato, nel dicembre del 1992 alla presenza di
pace dei 500 nella martoriata Sarajevo. Ha testimoniato nella sua
malattia la confidenza e l'affidamento al Dio di Gesù e a Maria.
Ha comunicato la sua fede profonda nelle riflessioni e nelle preghiere,
vibrando nell'animo per l'attenzione alle persone, soprattutto a i
poveri, e i deboli, agli ammalati, alle donne, agli stranieri, a coloro
che più fanno fatica nella vita. Ha parlato della Chiesa del grembiule,
cioè del servizio, come unico criterio per riconoscerla come segno del
Vangelo. Ha vissuto in modo semplice e sobrio, facendosi sempre e solo
chiamare "Don Tonino", si è dedicato senza risparmiarsi. Il suo
pastorale è stato di legno di ulivo, dono dei suoi contadini; il suo
anello di vescovo conteneva la fede nuziale della mamma. Nel cimitero
di Alessano è sepolto nell'erba, accanto ad un ulivo; la tomba è
circondata da una serie di gradini ad anfiteatro come a dire: venite,
continuiamo il dialogo, la preghiera, l'impegno di accoglienza,
giustizia e pace.