DOMENICA 28 APRILE 2013 Vangelo Giovanni 13, 31 – 33a. 34 -35
28/04/2013
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DOMENICA 28 APRILE 2013
L’AMORE come segno dell’essere discepoli di Gesù di Nazareth
Vangelo Giovanni 13, 31 – 33a. 34 -35

Uscito Giuda, Gesù disse: “Ora il Figlio dell’uomo riceve gloria da Dio, e anche la gloria di Dio si manifesta per mezzo del Figlio. Se il Figlio dell’uomo agisce in modo da manifestare la gloria di Dio, presto anche Dio darà la sua gloria al Figlio. Figli miei, per poco tempo sono ancora con voi. Io vi do un comandamento nuovo: Amatevi gli uni gli altri. Amatevi come io vi ho amato! Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: Se vi amate gli uni gli altri.

È uno dei passaggi del Vangelo più conosciuti e più ripetuti nella storia, fino a rischiare l’abitudine, la ripetitività scontata, priva del necessario approfondimento e della sollecitazione ad attuarlo nella storia, nelle relazioni.
L’amore è la forza della vita; senza amore non si può vivere in modo significativo; la mancanza di questa decisiva esperienza quando siamo piccoli si ripercuote nella nostra vita; le ferite causate da questa privazione e peggio ancora dalla trasformazione della relazione in violenza e abuso, segnano con drammaticità il nucleo affettivo che a poco a poco potrà guarire, con tante difficoltà, solamente ricevendo un amore profondo, caldo, pulito, trasparente e concreto, di vera vicinanza e di avvertibile sostegno. Proprio perché l’amore è la forza della vita esige attenzione, premura, cure continue, per la sua preziosità la forza è insieme debolezza, fragilità: si tratta della fragilità delle dimensioni più importanti e preziose; la fragilità di un tesoro, di una perla…
L’amore nella sua unica fonte si diversifica nell'intensità e nelle modalità di espressione: fra un uomo e una donna; fra genitori e figli e figli e genitori; fra persone dello stesso sesso; fra persone di diverse età; c'è amore nella relazione con gli animali, l'acqua, le piante, tutti gli esseri viventi, l'intero ambiente vitale, costituito dalla Madre Terra, intesa come madre delle diverse espressioni della vita.
Gesù di Nazareth indica nell'amore fra di noi il segno del riconoscimento dei suoi discepoli, cioè delle donne e degli uomini che cercano di seguire la sua persona e il suo messaggio nella vita di ogni giorno. Questo riconoscimento non è possibile se l’amore è generico, astratto, occasionale, superficiale, individualista; la sollecitazione evangelica infatti pone in modo evidente la fonte e la verifica dell'amore: "amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati".
E con quale intensità, con quale qualità e con quale concretezza ha amato Gesù di Nazareth  Quali sono le caratteristiche del suo amore? Prima di tutto e continuamente la com-passione, cioè la vibrazione interiore, profonda, coinvolta con la storia delle persone incontrate, in qualsiasi condizione e situazione, di qualsiasi appartenenza etnica e religiosa. Dalla com-passione derivano l'attenzione, l’ascolto, l'apertura, la cura, la guarigione, il perdono, la fiducia, l’incoraggiamento, il sostegno...
L'amore di Gesù è incondizionato e comunica sempre fiducia, speranza, vita; è l'amore che aiuta concretamente le persone a vivere. È un amore che si fa sguardo, gesto, contatto, condivisione nello spezzare il pane dell'amicizia e della fratellanza. Un amore così profondo e radicale è sovversivo perché rimette in discussione presunzioni, potere, discriminazione, violenza, chiusure, strumentalità ed egoismi nelle diverse forme. È l'amore di Dio nella storia che mette in discussione l'apparato della religione del tempio, il Dio del culto separato dalla vita, dalle storie delle persone; il Dio lontano e giudice; il Dio della legge e delle punizioni.
Questo conflitto porta Gesù alla morte sulla croce; il suo amore diventa condivisione con la sorte delle vittime, partecipazione al dolore dell'umanità. Per questo amore fedele e incondizionato è risuscitato dalla morte e vivente continua a comunicarci questo amore come dimensione fondamentale, come senso della nostra vita nella storia ed oltre al passaggio misterioso della morte fisica.
Così siamo invitati ad amare: nella relazione più intima dell'amore; nei rapporti con le persone, a cominciare da quelle che fanno più fatica nella vita; nella disponibilità a prevenire e combattere in modo non violento, le situazioni che negano l'amore: la fame e l'ingiustizia delle sue diverse forme; le guerre; le discriminazioni e il razzismo; il pregiudizio, la noncuranza, il disprezzo in particolare per determinate persone, l'inquinamento l'usurpazione dell'ambiente vitale. Le donne e gli uomini discepoli di Gesù non sono dunque riconoscibili per l'ortodossia né per la solennità della liturgia, bensì per l'amore disponibile e concreto.
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