La diversità è sempre una provocazione: accoglierla significa
crescere umanamente e contribuire alla convivenza pacifica fra le
differenze. Rifiutarla comporta presunzione, prepotenza, chiusure,
rifiuti, xenofobia, discriminazioni, razzismo; barricate e muri di
separazione e di divisione. In questa domenica nelle comunità cristiane
si vive la memoria dell’evento costitutivo nella storia della prima
comunità: l’esperienza dello Spirito, della forza interiore che viene
da Dio e anima profezia, coraggio, testimonianza (Atti degli
Apostoli 2,1-11; Vangelo di Giovanni 14,15-16.23b-26).
I testi della Bibbia narrano questa dialettica e questo conflitto.
Il progetto di Dio di armonia fra le differenze iniziato con la
creazione dell’universo, della donna e dell’uomo, viene interrotto e
rovinato dalla presunzione dell’essere umano di diventare come Dio,
“Sarete come dei”, questa è la suggestione del serpente tentatore. E
noi sappiamo che al di là della descrizione simbolica questa tentazione
è quotidiana nella storia delle persone, delle comunità e dei popoli.
Il rifiuto delle diversità diventa competizione e avversione nel
rapporto fra Caino e il fratello Abele; la violenza fratricida entra
nel mondo come la conseguenza più grave e drammatica di un confronto
diventato avversione e inimicizia. La pretesa da parte di un gruppo di
potere di dominare su una intera città pianificandone il progetto e
omologandone i pensieri porta come conseguenza l’incomunicabilità.
La confusione della città di Babele si ripresenta ogni volta che
il potere pretende di imporsi e di uniformare, assurgendo a criterio
unico e indiscutibile. Anche la torre di mattoni eretta come sfida al
cielo conferma questo assetto assolutista. Per i potenti Dio non c’è;
le persone in quanto tali non esistono; sono solo strumenti
dell’attuazione del progetto del potere. Manca completamente il
progetto di comunità, del bene comune, al quale sono chiamate a
contribuire tutte le persone con le proprie diversità, protagoniste
libere, attive, responsabili.
Il bene comune è alternativo all’organizzazione che il potere si
prefigge e che porta le persone a dividersi, a frazionarsi, cercando
qualche protezione e qualche vantaggio individuale; la conseguenza è la
babele delle lingue, cioè la incomunicabilità che conferma appunto la
mancanza di un progetto che unisce le diversità per il bene comune, per
la giustizia, l’uguaglianza, la fraternità.
L’esperienza dello Spirito di Dio a Pentecoste, cioè cinquanta
giorni dopo la Pasqua, è alternativa alla rottura dell’armonia della
creazione; all'uccisione di Abele da parte di Caino; alla
confusione individualistica della città di Babele. Il racconto degli
Atti degli Apostoli evidenzia che a Gerusalemme le persone provenienti
da diversi popoli ascoltano l’annuncio degli apostoli e lo comprendono:
proprio perché c’è una lingua che unisce prima delle espressioni nelle
diversità culturali e linguistiche: quella dell’amore e
dell’accoglienza fra le persone.
Lo Spirito del Signore, come dice il Vangelo di Giovanni, ci
insegna e ci ricorda continuamente che viviamo tutte e tutti noi la
comune condizione di esseri umani, di persone; che le differenze
culturali, linguistiche, religiose si esprimono come una ricchezza per
contribuire al progetto di un’umanità umana, del bene comune che nella
traduzione concreta significa cibo e acqua, istruzione e lavoro, vita
dignitosa per le persone, le comunità, i popoli del Pianeta.
Sono contrarie allo Spirito di Dio le discriminazioni, la
xenofobia, il razzismo; ad esempio le parole incivili e volgari contro
il ministro dell’integrazione sociale Cécile Kyenge; contro la
Presidente della Camera Laura Boldrini; le diverse forme di violenza
nei confronti delle donne; delle persone omosessuali; disabili;
carcerate; immigrate. Lo Spirito di Dio infonde forza per costruire
giorno dopo giorno la comunità umana della convivenza fra le diversità,
l’uomo planetario di cui ci ha parlato padre Ernesto Balducci. E’ un
compito arduo, ma è quello che dà senso alla nostra vita.