Il pane e il vino dell’Eucarestia, presenza misteriosa di Gesù di Nazaret provoca immediatamente a considerare il pane e il vino della tavola, cioè le condizioni indispensabili per la vita degna di ogni persona: il cibo, l’acqua, l’istruzione, la salute, il lavoro, la casa, una discreta serenità…
Non si dovrebbe mai, quindi, separare l’Eucarestia dalla vita e dalla storia, renderla “oggetto” sacro da venerare…
Se appena si considerano i passaggi della storia riguardo all'Eucarestia si osserva come dalle celebrazioni delle prime comunità cristiane nelle case, si è passati alle basiliche, al ritualismo ossessivo del periodo medioevale con la contemporaneità delle celebrazioni in una stessa chiesa; si pensi poi alle diverse solennità con la partecipazione delle autorità civili e militari; alle messe al campo quasi a consacrare le guerre; alle messe per tanti raduni, incontri, situazioni sociali in cui prevale la ritualità a scapito dei contenuti, del coinvolgimento, della provocazione e della ricchezza che ogni celebrazione dell’Eucarestia dovrebbe comportare.
Gesù di Nazaret è uomo in tutto come noi, fuorché nel male. Con il suo corpo ha comunicato la presenza di Dio nella nostra storia; con il suo sguardo ha comunicato attenzione, premura, tenerezza, fiducia ed anche severità di fronte alla prepotenza e all'ipocrisia ha guardato con gli occhi del cuore il volto delle persone, l’ambiente vitale in cui è vissuto: dagli uccelli del cielo, ai fiori dei campi, al cielo, alla terra e alle sementi, alle acque del Lago di Tiberiade e del fiume Giordano. Con la sua bocca ha comunicato parole mai ascoltate, un insegnamento straordinario per una nuova umanità in cui giustizia e verità, accoglienza e perdono, condivisione e fraternità non restano parole, ma diventano esperienza di vita.
Le sue mani hanno stretto altre mani, hanno toccato gli ammalati, anche i lebbrosi, i bambini, le donne; hanno spezzato il pane della condivisione fraterna, insegnando così a riproporre questa esperienza come ci racconta il Vangelo di questa domenica (Luca 9,11b-17): hanno anche preso la frusta fatta di cordicelle per disperdere il mercato nell'atrio del tempio e per rovesciarne i tavoli.
I suoi piedi hanno percorso campagne e villaggi sollecitati dall'urgenza di annunciare il Regno di Dio, la nuova umanità…
Il suo corpo ha comunicato il suo spirito, nell'unità della sua persona: un amore incondizionato, rivoluzionario, esigente e consolante.
Per questo è stato criticato, avversato, torturato e ucciso con il supplizio della croce. Il suo corpo è stato colpito e sfigurato; il suo spirito ha continuato a vivere; per la sua fedeltà il Padre lo ha risuscitato dalla morte. Vivente oltre la morte, con il suo corpo, con le ferite rimarginate, si è incontrato con le donne e con gli uomini suoi amici, suoi discepoli e ha loro comunicato forza interiore, coraggio, speranza.
Nell'imminenza del suo arresto, nella cena della pasqua celebrata con i suoi discepoli, si è, per così dire, consegnato al pane, dicendo loro di prenderlo in mano, di mangiarlo e al vino, dicendo di berlo dal calice; perché erano e sono il suo corpo e il suo sangue, cioè la sua vita donata perché ci sia la vita.
Gesù afferma che ogni volta che si compie questo gesto, si attua la sua memoria viva; l’incontro con lui nella Parola profetica, nel pane e nel vino dell’Eucarestia diventano un coinvolgimento ed un impegno a vivere come lui: disponibili all'accoglienza e al perdono; a costruire giustizia, fraternità e pace.
Non si tratta quindi di una ritualità sacralizzata, separata dalla vita, dalle storie delle persone, bensì di una celebrazione di profondo coinvolgimento e impegno.
Sulla mensa dell’Eucarestia, insieme alla presenza del Signore c’è la presenza delle storie umane, delle tribolazioni e delle dedizioni, delle sofferenze e delle speranze.
L’Eucarestia non è un rito, ma un evento; è il segno della comunità credente in cammino nella storia; una comunità accogliente, profetica, coraggiosa, che dalla celebrazione trae la forza per la testimonianza coerente nella storia.