Si potrebbe affermare, ascoltando le storie di tante persone, che non basta pregare e che nello stesso tempo è indispensabile pregare.
Tante persone, di diversa fede religiosa, pregano personalmente e comunitariamente, mettendo in relazione la storia e la trascendenza, le vicende personali e la presenza di Dio in cui si fida, a cui ci si affida.
La preghiera non è una fuga dalla realtà, ma la sua assunzione e riproposta nelle diverse condizioni: per questo può esprimere gratitudine per l’amore, l’amicizia, la fede, la speranza, le esperienze positive; e anche l’invocazione, non perché Dio sostituisca la nostra responsabilità, ma per essere aperti , coinvolti dalla luce, dalla forza interiore, dal coraggio, dalla disponibilità che possono venirci da lui e sollecitarci alla nostra responsabilità, alla nostra dedizione, al nostro impegno.
E ancora più esprimere l’affidamento a Dio, per noi al Dio di Gesù; è la dimensione interiore, radicale della fede che si nutre della intuizione ed esperienza che la nostra vita non è trascurata e abbandonata, sconfitta e dimenticata, ma sempre e comunque accolta, riconosciuta, valorizzata da Dio, anche nel passaggio così concreto e misterioso della morte. E ancora la preghiera diventa interrogativo, dibattito, anche aspro con Dio rispetto alle ingiustizie, alle violenze, alle morti ai dolori incomprensibili della vita…La preghiera prima di diventare parole personali e comunitarie, canti e liturgie è silenzio e vibrazione dell’anima; anche quando è personale non è mai individuale perché sempre abitata da volti, nomi, sorrisi, lacrime, dolori, angosce, speranze…Il vangelo di questa domenica (Luca 11, 1-13) ci ripropone la preghiera per eccellenza, le parole che Gesù stesso ci ha insegnato, richiesto da uno dei discepoli che può ben rappresentare ciascuna e ciascuno di noi “Signore , insegnaci a pregare”.
L’invito è a rivolgersi insieme, al plurale a Dio come a un Padre amorevole e affettuoso che unisce, non separa, non divide l’umanità: “Padre nostro”.
“Che tutti ti possano riconoscere Dio”: è un auspicio non dogmatico, non di proselitismo, bensì di coinvolgimento di ricerca, di tensione verso la profondità e il mistero.
“Fa che il tuo Regno venga”: il Regno è l’umanità di verità, di amore, di giustizia, di accoglienza, di pace, di fratellanza; esprimere questa invocazione significa coinvolgersi nell’impegno per affrettarne la venuta, la realizzazione.
“Dacci ogni giorno il pane necessario”: è la prospettiva dell’anticapitalismo, della liberazione dell’assoluto del mercato, dell’avere, dell’accumulare…
È la preghiera che spinge alla giustizia, alla uguaglianza, alla condivisione, alla concerta affermazione del diritto al cibo, all’acqua, all’istruzione, al lavoro, alla salute, a una vita degna.
“Perdonaci i nostri peccati perché anche noi perdoniamo a chi ci ha offeso”: sentirsi accolti, ascoltati, capiti, incoraggiati da Dio con i nostri limiti, fragilità, debolezze, errori, ci istruisce e ci rende sensibili a viver altrettanta disponibilità e uguale incoraggiamento verso gli altri.
“E fa che non cadiamo nella tentazione”: la tentazione più grave è la perdita della fiducia e della speranza, della prospettiva, del coraggio, della disponibilità. Dio ci sostiene e ci incoraggia purché ci accogliamo e incoraggiamo reciprocamente.