DOMENICA 6 APRILE 2014 Vangelo di Giovanni 11,1-46
06/04/2014
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DOMENICA 6 APRILE 2014
LA VITA OLTRE LA MORTE
Vangelo di Giovanni 11,1-46

Lazzaro era il fratello di Maria, la donna che poi unse il Signore con olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli. Essi abitavano a Betània insieme a Marta, loro sorella. Lazzaro si ammalò e le sorelle fecero avvisare Gesù: “Signore, il tuo amico è ammalato”. Quando Gesù ebbe questa notizia, disse: “Questa malattia non porterà alla morte, ma servirà a manifestare la gloriosa potenza di Dio e quella di suo Figlio”. Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella Maria e a Lazzaro. Quando sentì che Lazzaro era ammalato aspettò ancora due giorni, poi disse ai discepoli: “Torniamo in Giudea”. I discepoli replicarono: “Maestro, poco fa in Giudea cercavano di ucciderti, e tu ci vuoi tornare?”. Gesù rispose: “Non ci sono forse dodici ore nel giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce; se uno invece cammina di notte, inciampa, perché non ha la luce”. Poi disse ancora: “Il nostro amico Lazzaro si è addormentato, ma io vado a risvegliarlo”. I discepoli gli dissero: “Signore, se si è addormentato, guarirà”.
Ma Gesù parlava della morte di Lazzaro; essi invece pensavano che parlasse del sonno. Allora Gesù disse chiaramente: “Lazzaro è morto; sono contento per voi che non eravamo là, così crederete. Andiamo da lui!”. Tommaso, soprannominato Gemello, disse agli altri discepoli: “Andiamo anche noi, a morire con lui!”.  Betània era un villaggio distante circa tre chilometri da Gerusalemme: quando vi giunse Gesù, Lazzaro era nella tomba da quattro giorni. Molta gente era andata a trovare Marta e Maria per confortarle dopo la morte del fratello. Quando Marta sentì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece rimase in casa. Marta disse a Gesù: “Signore, se tu eri qui, mio fratello non moriva! E anche ora so che Dio ascolterà tutto quello che tu gli domandi”. Gesù le disse: “Tuo fratello risorgerà”. Marta rispose: “Sì, lo so; nell'ultimo giorno risorgerà anche lui”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi, chi vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo?”. Marta gli disse: “Signore, sì! Io credo che tu sei il Messia, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo “.  Detto questo, Marta uscì e chiamò di nascosto Maria, sua sorella: “Il Maestro è qui e ti chiama”. Appena Maria lo seppe, si alzò e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. La gente che era in casa a confortare Maria la vide uscire: pensarono che andava a piangere sulla tomba di Lazzaro e la seguirono. Maria giunse dove era Gesù, e lo vide. Allora si inginocchiò ai suoi piedi e disse: “Signore, se tu eri qui, mio fratello non moriva”. Quando Gesù vide Maria che piangeva, e vide piangere anche quelli che erano venuti con lei, fu scosso dalla tristezza e dall'emozione.
Gesù domandò: “Dove l'avete sepolto?”. Risposero: “Signore, vieni a vedere”. Gesù si mise a piangere. Allora la gente disse: “Guarda come gli voleva bene!”. Ma alcuni di loro dissero: “Lui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva fare in modo che Lazzaro non morisse?”. Allora Gesù ebbe un nuovo fremito di tristezza. Poi giunse alla tomba. Era scavata nella roccia e chiusa con una pietra. Gesù disse: “Togliete la pietra!”. Marta, sorella del morto, osservò: “Signore, da quattro giorni è lì dentro; ormai puzza!”. Gesù replicò: “Non ti ho detto che se credi vedrai la gloriosa potenza di Dio?”. Allora spostarono la pietra. Gesù alzò lo sguardo al cielo e disse: “Padre, ti ringrazio perché mi hai ascoltato. Lo sapevo, che mi ascolti sempre. Ma ho parlato così per la gente che sta qui attorno, perché credano che tu mi hai mandato”.
Subito dopo gridò con voce forte: “Lazzaro, vieni fuori!”. Il morto uscì con i piedi e le mani avvolti nelle bende e con il viso coperto da un lenzuolo. Gesù disse: “Liberatelo e lasciatelo andare”. La gente che era venuta a trovare Maria vide quello che Gesù aveva compiuto. Molti di loro perciò credettero in lui.

Noi esseri umani di fronte alla morte: esperienze diverse unite da dolore e interrogativi, dubbi ed esigenza di affidamento, ricerca di senso. La morte ci accomuna tutti, ma molto diversi sono i tempi e  i modi del morire; con la prudenza nell’uso del termine “naturale”, si può dire che non sono frequenti le morti naturali, che cioè avvengono in tempi e modi che possono essere considerati accettabili per la lunghezza e il senso della vita stessa. Troppe morti sono causate da ingiustizie , guerre, violenze, inquinamento dell’ambiente, percorsi autodistruttivi.
Promuovere e attuare tutto l’impegno per la vita, per non causare o favorire morte non significa entrare in una logica di presunzione di immortalità, bensì vivere la vita con significato positivo per sé e per gli altri, contribuendo al bene comune, che riguarda ciascuna persona e tutte le persone. Ci si interroga con sincerità come la fede può favorire l’elaborazione della morte, e del dolore che essa provoca.
Il Vangelo di questa domenica (Giovanni 11,1-46) ci racconta l’esperienza da Gesù di Nazaret coinvolto nella morte di Lazzaro, suo caro amico. Di fronte alla notizia della malattia di Lazzaro, Gesù non si affretta a raggiungere lui e le sue sorelle, Marta e Maria, come a dire che la morte è una condizione che ci riguarda. Un atteggiamento che ribadisce anche successivamente di fronte alle due sorelle che gli osservano che se lui fosse stato presente loro fratello non sarebbe morto. Gesù arriva a Betania quando il suo amico è stato sepolto già da quattro giorni. Tante persone vengono a confortare Marta e Maria in un momento di dolore così profondo. Prima a Marta e poi a Maria Gesù esprime vicinanza e conforto, comunica la fiducia nella vita che continua oltre la morte fisica; propone la sua persona come fonte di risurrezione e vita: chi crede in lui, anche se muore vivrà. Si recano insieme alla tomba di Lazzaro; “Gesù è scosso dalla tristezza e dall’ emozione” e poi “si mette a piangere”; così rivela il Dio umanissimo che è coinvolto nella storia delle persone; così   partecipa al pianto quotidiano dell’umanità. Gesù prega e poi, dopo aver fatto togliere la pietra del sepolcro, invita con voce forte l’amico Lazzaro a venire fuori dalla tomba; poi dice alle persone di liberarlo dalle bende che lo avvolgono. E Lazzaro ritorna alla vita. Non ha senso chiederci le modalità con cui questo evento straordinario è avvenuto, bensì accogliere la provocazione di Gesù di Nazaret: la morte biologica non è la fine della vita; la vicenda umana di ciascuna e ciascuno di noi è accolta dal Dio della vita che Gesù ci ha reso e continua a renderci presente. 
Qualche giorno fa in una telefonata al Centro Balducci, il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, lui che è stato coinvolto dal dolore per l’uccisione di tante persone, a cominciare dagli amici, da parte della mafia, ci ha ricordato che l’etimologia della parola amore, comprende la morte  e il superamento della morte proprio con l’amore che resta, permane; l’amore da senso alla vita e alla stessa morte. Come ho colto con commozione il 21 marzo a Roma fra i familiari delle vittime delle mafie insieme a papa Francesco e a don Luigi  Ciotti. Il dolore trasformato dall’amore in impegno per la verità e la giustizia.

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