Padre Ernesto Balducci ci ha parlato del tempo dell'essere e del tempo dell'esistere: non si tratta di una disquisizione filosofica fine a se stessa, bensì della espressione delle esperienze quotidiane della nostra vita. Noi tutti svolgiamo dei compiti, siamo impegnati attivamente nelle diverse situazioni; questa organizzazione della nostra vita, della famiglia, della società, della scuola, delle professioni, delle istituzioni, della politica appartiene al tempo dell'esistere. Nello stesso tempo, noi ci muoviamo, almeno così si dovrebbe, con la nostra sensibilità, i nostri vissuti, i nostri ideali, le nostre convinzioni, delusioni, fatiche, esperienze positive, speranze, cioè con quelle dimensioni interiori importanti: queste appartengono al tempo dell'essere, della profondità, della permanenza e continuità, pure con i cambiamenti e le evoluzioni.
È fondamentale che tra il tempo dell'essere e tempo dell'esistere ci sia una relazione significativa, per cui il fare si nutre all'ideale, le parole si nutrono alla riflessione; le motivazioni e i fini reggono, verificano e rilanciano l'agire concreto e organizzato.
Se fra il tempo dell'essere e il tempo dell'esistere non c'è collegamento, motivazioni, finalità, idealità vengono meno; il fare procede senza anima, dalle delusioni e dalle stanchezze è ben più difficile riprendersi. Una fede autentica appartiene al tempo dell'essere e coinvolge in modo attivo nel tempo dell'esistere e dell'operare; l'orienta ad un orizzonte alto ed ampio e nello stesso tempo impegna nella concretezza delle scelte.
Il Vangelo di questa domenica (Matteo 28,16-20) nella memoria dell'ascensione di Gesù, riporta la sua promessa di essere con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo, per accompagnarci e sostenerci nell'annuncio e nella testimonianza del Vangelo a tutta l'umanità, senza distinzioni, pregiudizi, chiusure, esclusione. Il messaggio del Vangelo è universale, non nella logica del proselitismo, bensì come contributo a realizzare un'umanità autenticamente umana in cui giustizia, accoglienza, pace, fraternità, relazione con tutti gli esseri viventi diventino esperienze concrete e diffuse.
Padre Ernesto Balducci ci ricorda che il vero ecumenismo non è più quello fra le diverse posizioni dei cristiani e neanche quello fra le diverse religioni, ma invece quello della riconciliazione fra uomo e uomo; è l'umanità umana la vera ed esigente prospettiva, è il compito e l'impegno di noi tutti.
Gesù è "asceso" al cielo, è tornato nel mistero di Dio da cui è venuto; ora spetta a noi annunciare e testimoniare. Sperimentiamo alcuni "pericoli": quello di pretendere che gli ideali si realizzino subito e in modo compiuto; quello di ritirarsi dall'impegno considerando la scarsità dei risultati rispetto alla dedizione profusa; quello di rifugiarsi in uno spiritualismo astratto, conforto all'individualismo.
Pare che l'atteggiamento più consapevole e sapiente sia quello di procedere con pazienza attiva, impegnandosi al massimo, con la leggerezza di constatare che non siamo onnipotenti. Con lo sguardo al cielo per ispirarci e i piedi ben piantati in terra per essere concreti.