DOMENICA 26 OTTOBRE 2014 Vangelo Matteo 22, 34-40
26/10/2014
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DOMENICA 26 OTTOBRE 2014
Noi, il prossimo, Dio
Vangelo Matteo 22, 34-40

Quando i farisei vennero a sapere che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si radunarono attorno a lui. Poi uno di loro, che era maestro della legge, volle fargli una domanda per metterlo alla prova. Gli domandò: “Maestro, qual è il più importante comandamento della legge?”. Gesù gli rispose: Ama il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il comandamento più grande e più importante. Il secondo è ugualmente importante: Ama il tuo prossimo come te stesso. Tutta la legge di Mosè e tutto l’insegnamento dei profeti dipendono da questi due comandamenti”.

In questi decenni siamo stati coinvolti in un processo di secolarizzazione continuo: positivo nella liberazione da preventive ipoteche religiose, da condizionamenti e da obblighi esterni nel passaggio da una religione sociale e politica a una fede che chiede maturità, scelta personale, responsabilità; negativa se elimina, ignora, anche irride l’esperienza della fede che unisce terra e cielo e che nell’ulteriorità e nella trascendenza ritrova continuamente orientamento, luce e forza per la testimonianza nella storia. 
La domanda che un maestro della legge ha rivolto a Gesù e la risposta del Maestro (Vangelo di Matteo 22, 34-40) assumono una risonanza particolare in questo contesto storico. “Qual’ è il più grande comandamento”, cioè qual’ è la dimensione più significativa, coinvolgente, incisiva? Al tempo di Gesù la domanda cercava un principio unificatore fra i 613 precetti, 365 di divieti e 248 di indicazioni positive. Oggi nella vanificazione di comandamenti, precetti, indicazioni precise la domanda cerca una risposta che possa orientarci. La risposta di Gesù continua a provocarci: “Ama il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il comandamento più grande e più importante. Il secondo è ugualmente importante: Ama il tuo prossimo come te stesso. Tutta le legge di Mosè e tutto l’insegnamento dei profeti dipendono da questi due comandamenti.” Ci viene quindi proposto l’amore integro e totale a Dio come unico Signore. Non si tratta di un atto e di uno sforzo volontaristico per amare Dio, ma piuttosto di essere coinvolti dalla sua presenza intuita, cercata, dubitata e ancora cercata e vissuta nell'affidamento e nella preghiera. In modo significativo si indica il coinvolgimento delle tre facoltà che definiscono l’uomo nelle sue strutture personali profonde: il cuore, quindi i sentimenti, le emozioni, le vibrazioni interiori più profonde; l’anima, quindi la coscienza che decide e la mente, cioè la ragione che indaga, pone domande, cerca risposte, dubita e aderisce. Questi vissuti non possono essere settoriali, bensì unitari e coinvolgono la profondità del nostro essere. L’indicazione dell’amore al prossimo è ugualmente importante: come si può infatti amare Dio che non si vede se si è indifferenti, se non si ama l’altro che si vede? Gesù di Nazaret ci rivela nella sua persona, nelle sue parole, nei suoi gesti, soprattutto nelle sue relazioni la presenza di Dio nella storia, il suo amore incondizionato che diventa insegnamento continuo per il nostro amore. E lui ci dice che l’incontro e la autentica solidarietà con l’affamato, l’assetato, il nudo, l’ammalato, il carcerato, il forestiero sono l’incontro con lui. L’amore a Dio e l’amore al prossimo coincidono. L’amore a se stessi significa l’autostima, la valorizzazione delle proprie possibilità, un protagonismo positivo e umile che si liberi dal narcisismo e dalla presunzione; non deprimersi, non svalutarsi, avere cura della propria persona e della propria vita, in relazione con gli altri e con Dio. Tre riferimenti e tre coinvolgimenti inscindibilmente uniti e non sono separabili.
 


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