DOMENICA 15 FEBBRAIO 2015 Vangelo Marco 1,40-45
15/02/2015

DOMENICA 15 FEBBRAIO 2015
Gesù vive la compassione
Vangelo Marco 1,40-45

Un lebbroso venne verso Gesù, si buttò in ginocchio e gli chiese di aiutarlo. Diceva: “Se vuoi, tu puoi guarirmi”. Gesù ebbe compassione, lo toccò con la mano e gli disse: “Sì, lo voglio: guarisci!”. Subito la lebbra sparì e quell'uomo si trovò guarito. Allora Gesù gli parlò severamente e lo mandò via dicendo: “Ascolta! Non dir niente a nessuno di quello che ti è capitato. Vai invece dal sacerdote e fatti vedere da lui; poi offri il sacrificio che Mosè ha stabilito nella legge, per mostrare a tutti che sei guarito dalla lebbra”. Quell'uomo se ne andò, ma subito cominciò a raccontare quello che gli era capitato. Così la notizia si diffuse, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città. Se ne stava allora fuori, in luoghi isolati; ma la gente, da ogni parte, veniva ugualmente da lui.

Le persone colpite dal morbo di Hansen sono ancora tante sulla faccia del Pianeta, attorno ai 5 milioni. Solo evocare il termine lebbroso ha suscitato per lungo tempo e in parte anche oggi, un sentimento di pietà, quasi commiserazione a distanza, soprattutto per le deturpazioni provocate sul corpo, a cominciare dal volto delle persone ammalate colpite in uno dei modi peggiori. Nello stesso tempo c’è la consapevolezza di quanto sia stato conquistato a livello medico, di quante esperienze di accoglienza, di comunità, di autonomia di vita e di lavoro migliaia di persone colpite dalla lebbra abbiano vissuto o stiano vivendo, con la disponibilità e l’impegno di medici, infermieri, preti, religiose e religiosi e tanti, tanti volontari. E’ sempre importante per alimentare una memoria storica viva ed esemplare ricordare la straordinaria esperienza dell’associazione “I nostri amici lebbrosi” di Udine, fondata e guidata per decenni dal compianto dottor Daniele Sipione, umile cancelliere del Tribunale di Udine, proveniente dalla Sicilia. Con la sua azione attiva e paziente, ha formato una diffusa rete di solidarietà con l’avvio e il sostegno di progetti ammirevoli in diversi luoghi del Pianeta.
Il Vangelo di questa domenica (Marco 1,40-45) ci racconta l’incontro di Gesù con un lebbroso. Nel libro del Levitico l’estromissione del lebbroso dalla comunità è evidente; il motivo del possibile contagio è preceduto, anche se poi diventa un tutt’uno, dalla decisione dell’allontanamento in nome di Dio che colpirebbe quella persona come conseguenza del male da lei compiuto. Il lebbroso è costretto ad identificarsi con la sua malattia, ad abbruttirsi anche lasciandosi crescere la barba incolta, vestendo da straccione, vivendo lontano, in luoghi isolati e avvertendo sempre a voce alta della sua presenza quando sente l’avvicinarsi di qualcuno. I sacerdoti del tempio, custodi e gestori della religione, sanciscono e sorvegliano la situazione e nel caso clamoroso di qualche guarigione, saranno loro a certificarla, ugualmente come la seguente reintroduzione nella comunità.
Gesù comunica nella sua persona, nelle sue parole e nei suoi gesti la presenza umanissima di Dio; modifica radicalmente l’immagine di Dio lontano, impassibile, potente, prepotente e vendicativo che colpisce le persone. Lui è presente, vive la compassione, cioè vibra nel profondo del suo essere per quell’uomo lebbroso che viene verso di lui, si butta in ginocchio e gli chiede di aiutarlo, perché, gli dice: “Se vuoi, tu puoi guarirmi”. La compassione di Gesù si fa gesto con cui tocca il lebbroso e parola con cui esprime la sua volontà di aiutarlo, di guarirlo. E così avviene, per insegnarci che siamo chiamati a superare qualsiasi forma di determinismo e di ineluttabilità, a cercare percorsi di vicinanza, sostegno, di progettualità nuove e inedite, proprio anche nei confronti delle malattie che sembrano più difficili, delle situazioni di sofferenza che sembrano immodificabili. Gesù raccomanda che la guarigione di quell’uomo non diventi propaganda religiosa, bensì riflessione e assunzione di responsabilità. Dato che Gesù è stato solidale con il lebbroso, che l’ha perfino toccato, non può più entrare pubblicamente nei paesi, perché anche lui considerato lebbroso. Il lebbroso diventa anche paradigma di ogni condizione di emarginazione con cui siamo sollecitati ad essere solidali per un cammino di liberazione e di vita.


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