La riflessione sul rapporto fra situazioni di morte e situazioni di vita, di sfiducia e di sconforto e di ardua, difficile ripresa della speranza non riguarda solo questo tempo pasquale che si vive nelle comunità cristiane. Si tratta infatti di una situazione permanente delle nostre storie umane, della storia dell’umanità.
La vicenda di Gesù di Nazaret e il suo Vangelo sembrano proprio concentrare le nostre vicende, riprenderne i diversi aspetti e proporre una possibilità, un’apertura, una speranza.
Le donne e gli uomini discepoli di Gesù sono sgomenti e sconcertati dalla sua morte tragica e crudele; la fiducia e la speranza sono venute meno nel loro animo; pare proprio che le parole e i gesti così straordinari di Gesù, la prospettiva di una nuova umanità da lui indicata siano stati uccisi e sepolti con lui.
E’ la stessa condizione di morte, di tragedie, di dolore, di sconferme, di progetti naufragati, di mancanza di speranza che ogni giorno si verificano.
Ci si può riprendere e come? Con quali motivazioni, con quale forza interiore, con quali incontri?
I Vangeli ci testimoniano che queste donne e questi uomini amici di Gesù hanno potuto riprendere forza, fiducia e speranza a motivo degli incontri con Lui vivo, vivente oltre la morte.
Il Vangelo di questa domenica (Luca 24, 35-48) ce ne racconta uno.
Gesù si rivolge loro con il saluto: “la pace sia con voi”, perché la pace è il progetto dell’umanità: di equilibrio con se stessi, di rapporti significativi con gli altri, di giustizia, accoglienza, fratellanza, armonia con la madre terra e con tutti gli esseri viventi.
E’ come se lui dicesse: questo progetto è possibile; io sono vivente in mezzo a voi perché l’amore è più forte del male, delle violenze, dell’indifferenza, della morte.
Non è automatica la ripresa della speranza; non mancano i dubbi di farcela, che quello che sta loro davanti sia proprio Gesù o una comparsa, un fantasma.
Gesù li invita a toccare le sue mani e i suoi piedi: possono riscontrare le ferite inferte e ora rimarginate, i segni della violenza ci sono, ma anche il loro superamento. I dubbi diventano incredulità gioiosa: ma quindi è proprio possibile riprendere a sperare, anche se pareva proprio impossibile?
La conferma si riscontra nella concretezza della condivisione del cibo che significa condivisione del progetto, della disponibilità, della dedizione.
E questo comporta la profondità della memoria storica e in essa delle relazioni, delle vicende delle tribolazioni, della resistenza, della fedeltà e della coerenza.
Gesù ricorda loro il percorso della sua vita, dei suoi insegnamenti, dell’avversione dei sacerdoti del tempio e delle classi dirigenti, la loro decisione di ucciderlo, la sua paura che non ha frenato il suo amore incondizionato, la sua fedeltà e la sua coerenza; un andare incontro alla morte violenta con la fiducia e la speranza che una vita così donata non può essere fermata e annullata dalla morte.
L’incontro con Gesù vivente e con coloro che nella storia in modo esplicito o anche non consapevole ne hanno seguito l’esemplarità possono per noi essere ispirazione e conforto per la ripresa della fiducia e della speranza, perché anche noi possiamo seminarla nei solchi della storia.