Noi tutti nella nostra vita avvertiamo alcune persone come riferimento importante, come maestre e maestri di vita: per le loro parole, i loro gesti, le loro decisioni, la loro coerenza e perseveranza nell’attuare le dimensioni avvertite come importanti, fondamentali.
Queste persone sono davvero tante: diverse di loro sono molto conosciute, perché alla loro esemplarità hanno guardato generazioni intere e ad essa si continua a ispirarsi: si potrebbero certo indicare, ad esempio, Francesco di Assisi, Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa di Calcutta… .
La grande parte di esse però è sconosciuta ai più; la loro conoscenza si colloca in uno spazio molto più ridotto, ma questo non sminuisce, per chi le ha conosciute direttamente, la forza del loro insegnamento.
Nel tempo complesso e difficile in cui viviamo si avverte in modo ancor più urgente la necessità umana, culturale, etica e spirituale di persone, di comunità di riferimento per poter nutrire la profondità dell’anima, per alimentare il progetto di una umanità veramente umana in cui giustizia, uguaglianza, pace, accoglienza, premura per la Terra e per tutti gli esseri viventi non restino parole di occasione, ma dichiarazioni che vincolano all’impegno per sperimentarne la realizzazione qui e ora nella storia.
Le guide, i maestri e le maestre si presentano con alcune qualità che ce li fanno riconoscere come tali.
Di queste ci parla il Vangelo di questa domenica (Giovanni 10, 11-18) presentandoci le caratteristiche del Maestro per eccellenza Gesù di Nazaret. con l’immagine del pastore buono.
Il pastore vero, buono e giusto è colui che condivide la vita delle pecore, per cui le conosce ed esse lo riconoscono. La condivisione è tale che lui è pronto a dare la sua vita per loro, a differenza del mercenario che svolge il suo lavoro per i soldi, ma a cui non sta a cuore la vita delle pecore: al sopraggiungere del pericolo il mercenario fugge, il pastore buono resta, condivide, affronta fino a donare tutto se stesso.
Questo coinvolgimento è richiesto a ciascuna e ciascuno di noi: genitori, insegnanti, volontari, suore, preti, vescovi impegnati nelle istituzioni e nella politica. Per poter esprimere parole credibili sono doverosi la condivisione, l’ascolto, la partecipazione, il prendersi a cuore le storie delle persone e le loro situazioni.
Papa Francesco in continuità ha ripreso l’esemplarità unica del buon pastore Gesù di Nazaret per esortare i pastori della Chiesa a condividere le periferie esistenziali, a comunicare il calore e la premura del cuore curvandosi sulle ferite, a scendere nella notte dell’esistenza senza lasciarsi catturare da essa; a non essere autoreferenziali, narcisisti, carrieristi, funzionari della religione; ad essere ricchi della misericordia di Dio per poterla comunicare; ad essere impregnati dall’odore delle pecore, cioè a condividere profondamente l’umanità per poter esprimere parole significative.