Il pane e il vino dell’Eucarestia sono un segno concreto e misterioso; aderirvi per fede significa essere coinvolti nell’incontro con la presenza di Gesù di Nazaret e nell’incontro con le persone, nelle situazioni esistenziali in cui esse si trovano.
Ogni volta che si celebra l’Eucarestia si dovrebbe vivere questa esperienza profonda; in questa domenica si è chiamati in ogni comunità, quindi in tutta la Chiesa a meditare e pregare su questa realtà, sulle dimensioni che propone, sulle richieste che esige.
Riflettere sul corpo e sul sangue (Corpus Domini) di Gesù significa approfondire la sua presenza, le sue parole, i suoi gesti, la sua uccisione e risurrezione.
La corporeità esprime al vita: di un bambino che si forma nell’utero di sua madre, che nasce nella stalla degli animali, che è costretto a fuggire portato dai suoi genitori profugo per sottrarsi alla violenza del tiranno; che cresce a Nazaret nella casa di Maria e Giuseppe ricevendo parole, gesti, testimonianza di fede e di disponibilità, di preghiera e di impegno. La corporeità di Gesù esprime le sue parole e i suoi gesti nella vita pubblica; soprattutto le relazioni con le persone; guarda in profondità persone e situazioni; esprime parole forti, profetiche, ricche di umanità e di tenerezza; le sue mani toccano per guarire e accarezzare; i suoi piedi camminano per annunciare ed incontrare… .
Un corpo vivo che esprime vita, umanità profonda e totale; che fa percepire il suo essere divino; “così totalmente umano, da non potere non essere Dio”, come dice il teologo della liberazione Leonardo Boff.
Un corpo che esprime anche tristezza, delusione, pianto sempre per amore e con amore; presente alla tavola delle persone giudicate in modo negativo.
Un corpo colpito, squassato nel Getsemani che si fa tremore e sudore di sangue; un corpo flagellato e ferito, incoronato di spine; curvo sotto il peso della croce, inchiodato e innalzato sulla croce…
Un corpo senza vita, ma l’amore espresso così pienamente da quel corpo continua a vivere; e così riprende vita anche quel corpo: Gesù è vivente oltre la morte e incontra i suoi discepoli donne uomini per infondere loro fiducia e coraggio, coinvolgimento nell’annuncio e nella testimonianza del Vangelo. Gesù prima del suo arresto nella cena di Pasqua, celebrata in una sala presa in prestito consegna ai discepoli il pane e dice: “prendete, questo è il mio corpo”; e poi il calice del vino e dice: “Questo è il mio sangue offerto per voi tutti. Ogni volta che farete questo fatelo in memoria di me.”
Questo ci racconta il Vangelo di oggi: Marco 14,12-16;22-26. Vivere la memoria della presenza di Gesù nell’Eucarestia significa coinvolgersi profondamente e diventare disponibili a riproporre il suo insegnamento, le sue scelte, i suoi gesti nella storia di oggi. L’incontro con Lui nell’Eucarestia diventa una continua sollecitazione ad incontrarlo in chi ha fame e sete; in chi è denudato della dignità e dei vestiti; in chi è ammalato, carcerato, forestiero. Non si può affermare di incontrare Gesù nell’Eucarestia se poi si evita di incontrarlo nei fratelli. L’Eucarestia di per sé, per forza intrinseca pretende l’incontro con loro, senza pregiudizi e distinzioni, con un’attenzione particolare a chi abita le periferie esistenziali, a chi, come ricorda papa Francesco, non solo è povero, ma è escluso, esubero. Corpo, umanità di Gesù nella sua totalità, spirituale e fisica; corpo e spirito, di tutta l’umanità.