Il Vangelo di questa domenica (Marco 7, 1-8. 14-15. 21-23) ci ripropone alcune questioni fondamentali per la nostra vita personale e comunitaria, specialmente in questo tempo di complessità in cui si avverte la mancanza di punti di riferimento che diventino guida e verifica dei comportamenti personali, sociali, istituzionali, politici ed ecclesiali.
Nella ricerca che dovrebbe tutti impegnarci ci si chiede quali siano le dimensioni veramente importanti e decisive e quelle invece contingenti, variabili, alle volte anche discutibili quando pretendono di collocarsi su un piano che ad esse non compete.
Può favorire la nostra comprensione il contenuto della polemica fra farisei, maestri della legge e Gesù.
I primi gli osservano come alcuni dei suoi discepoli mangiano con mani impure cioè senza averle lavate secondo l’uso religioso. Esiste infatti tutta una serie di prescrizioni sulla purificazione delle mani e anche degli utensili, dai bicchieri alle stoviglie e ad altro ancora.
Per questi uomini la ossessiva osservanza della legge fino a questi aspetti esteriori minuziosi è espressione della religione, quindi coloro che non adempiono queste prescrizioni tradiscono la tradizione religiosa. Si tratta di un sistema religioso basato sull’esteriorità, sulla distinzione netta fra puri e impuri, incontaminati e contaminati, fedeli e infedeli, giusti e peccatori, appartenenti alla religione e scomunicati, sani e ammalati, uomini e donne… .
Il “dentro e il fuori” deve sempre essere demarcato in modo netto; i sacerdoti della religione del tempio e i maestri della legge, ne sono custodi e gli osservanti farisei ne propongono l’esempio da seguire.
L’insegnamento di Gesù di Nazaret ancora una volta è rivoluzionario: supera la distinzione fra sacro e profano, puro e impuro che segnano la vita delle persone e producono emarginazioni e sofferenze e guarda alle storie delle persone affermando l’importanza fondamentale di educare la sensibilità del cuore e della coscienza che porti a parole, decisioni gesti di autentica umanità, sempre nell’intento del bene personale e comunitario.
L’impurità vera che rovina le persone non viene dall’esterno, non dipende dal contatto con realtà che stanno al di fuori, ma si annida, si alimenta nella profondità dell’anima. Certo si apre un’altra grande questione: quale sia l’influenza positiva e negativa degli ambienti e delle persone sulla vita dei singoli fatta salva sempre la responsabilità personale nel riflettere e nel decidere, senza la quale si entrerebbe in una sorta di determinismo in cui già sono iscritte le decisioni.
Gesù fa appello alla responsabilità morale della coscienza; questa è la guida per muoversi nel mondo, per vivere i rapporti con le persone, con il potere, con il denaro, con la religione. Certamente dovrebbe essere impegno di noi tutti favorire la formazione di coscienze informate, formate, critiche, libere e responsabili con la continua attenzione al bene di tutte le persone, di tutte le comunità e i popoli, della madre terra e di tutti i viventi. Questa dinamica dovrebbe favorire il vissuto di una fede autentica che non si copre di formalismo religioso, ma attua l’insegnamento del Vangelo; per non essere fra quelli, come dice Gesù riprendendo le parole del profeta Isaia, che “onorano Dio a parole, ma il loro cuore è molto lontano da me”.