Conosciamo la storia di alcune persone che sono andate incontro alla morte in modo consapevole, con una scelta progressiva, non senza timore e tremore, però senza indietreggiare, senza retrocedere: e questo per essere fedeli agli ideali di libertà, di giustizia, di pace; nell'incarnazione alla storia delle persone e al loro bene.
Gesù di Nazaret poco a poco ha preso coscienza che le critiche crescenti, l’opposizione dichiarata fino all'avversione e al proposito di eliminarlo lo avrebbero portato all'arresto, alla tortura, alla morte violenta. Di questo ci racconta il Vangelo di questa domenica (Vangelo di Marco 9,30-37).
“Infatti preparava i suoi discepoli insegnando loro: - Il Figlio dell’uomo sarà consegnato nelle mani degli uomini ed essi lo uccideranno; ma egli risorgerà dopo tre giorni- . Ma i discepoli non capivano queste parole e avevano paura di interrogare Gesù”.
E’ difficile condividere i vissuti di chi sente avvicinarsi la morte; lo possono solo coloro che amano la persona, anche se, probabilmente certe risonanze intime sono proprie solo di chi le vive.
Per esemplificare pensiamo alle vittime delle diverse organizzazioni criminali, ai vissuti di tanti magistrati e agenti delle scorte, di preti e insieme dei loro familiari, ai nomi più conosciuti per ricordare tutti gli altri: chissà quali sono stati i vissuti profondi di Falcone e Borsellino, di Livatino, don Diana e don Puglisi, del vescovo Romero.
Loro, come altri, hanno anche parlato della loro morte, ma “come” i discepoli di Gesù non capiscono le sue parole e hanno paura di interrogare Gesù”, così ad eccezione dei familiari chi è vicino, anche i collaboratori non capiscono e hanno paura di approfondire; c’è anche qualcuno che capisce, potrebbe agire e non lo fa e quindi, in qualche modo è complice di quella condanna; c’è anche qualcuno che sta vicino fisicamente, ma in realtà è molto lontano, collabora alla condanna a morte e così tradisce il suo compito e la fiducia in lui riposta
Cercare di capire i motivi della condanna comporta interrogarsi sui rapporti con i poteri, sulle responsabilità palesi ed occulte, assumere una posizione, schierarsi per la giustizia e la verità.
Gesù e i discepoli arrivano a Cafarnao nella casa di Pietro ed Andrea. Gesù chiede loro qual è stato il contenuto della loro discussione lungo la strada.
Gesù li prepara a un percorso di fedeltà e coerenza fino a dare la sua vita, loro all'opposto sono preoccupati di chi fra loro sia il più importante, quindi del potere.
In realtà l’amore e il potere sono antitetici; Gesù lo ribadisce: “Se uno vuol essere il primo, deve essere l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. L’importanza e la qualità della nostra vita sono decise dalla nostra disponibilità e dal nostro servizio concreto per il bene comune, liberandoci da ogni pretesa egocentrica, da ogni protagonismo finalizzato al proprio prestigio e non al servizio umile e disinteressato al bene comune.
Gesù porta un esempio concreto: prende un bambino, lo porta in mezzo, lo tiene in braccio e dice: “Chi accoglie uno di questi bambini per amore mio accoglie me. E chi accoglie me accoglie anche il Padre che mi ha mandato”. I bambini sono considerati insignificanti e per questi trascurati; prestare loro attenzione, premura e cura, accoglierli è porre un segno di radicale cambiamento del sistema sociale, culturale, politico, religioso. E’ accogliere Gesù, è accogliere il Padre che lo ha mandato. Come i bambini ogni persona considerata insignificante, ai margini.