Le due giornate dell’1 e del 2 novembre sono dedicate alla riflessione e alla preghiera nella memoria viva dei nostri cari, dei nostri amici, delle persone conosciute e ampliando la considerazione, ai tanti morti, soprattutto a quelli a causa delle violenze, dei terrorismi; della fame, della sete; delle guerre; i migranti morti a migliaia nel mare, sui tir, lungo i percorsi della disperata speranza, quelli travolti dai terremoti e da altre sciagure; le vittime delle mafie.
La condivisione comunitaria delle memorie ci fa sentire parte della stessa famiglia umana, a partire dalla comunità in cui viviamo.
Le persone care continuano a vivere nel Mistero di Dio, anche se noi non riusciamo a dire dove e come e ad accompagnarci nella nostra vita. La sapienza profonda della Chiesa mette in relazione tutti i santi e le sante e i nostri cari che non sono più fisicamente fra noi, ma continuano ad essere parte della nostra vita: questo perché loro stessi sono i santi e le sante anonimi, cioè non riportati sui calendari, conosciuti da chi li ha incontrati e ha condiviso la vita con loro.
Emergono in modo permanente, anche dopo un tempo cronologico lungo, le qualità importanti, quelle che permangono e rendono qualitativa la vita nel suo svolgimento in questa storia ed oltre ad essa, nel Mistero di Dio dopo la morte fisica.
Queste qualità ci sono proposte dal Vangelo delle beatitudini che siamo chiamati a meditare nella memoria di tutti i santi e di tutte le sante.
Un Vangelo sottoscrivibile e condivisibile da tutte le donne e da tutti gli uomini di buona volontà perché prospetta un progetto di umanità veramente umana e chiede il contributo di noi tutti per come riusciamo ad esprimere e concretizzare queste dimensioni così decisive, “Beati” sono coloro che trovano il senso della loro vita per come sentono, vivono, decidono, operano queste dimensioni fondamentali per tutti.
Sono l’umiltà come coscienza dei propri limiti e delle proprie possibilità positive da esprimere per il bene personale, della famiglia, della comunità, dell’intera umanità. E’ il contrario dell’arroganza, della superbia, della prepotenza.
E’ insieme il coraggio di continuare a vivere anche in situazioni dolorose e difficili, affidandoci al Signore, sostenendoci reciprocamente, ritrovando energie interiori.
Sono la non violenza attiva e la costruzione della pace contrarie ad ogni forma di violenza, alle armi, alla guerra: l’esperienza riguarda la dimensione spirituale e quella culturale, quella politica e istituzionale; la pace è dono di Dio e responsabilità di noi tutti.
E’ la giustizia che deriva dalla dignità di ogni persona; comporta lo sdegno contro ogni forma di corruzione, evasione e illegalità, chiede passione e impegno per essere giusti noi e pretendere giustizia per i poveri del mondo e di questa società; per i diritti delle persone e per quelli della Terra e di tutti i viventi.
E’ la compassione, il patire con, il partecipare alle situazioni di sofferenza, di difficoltà, di fatica di ogni altro. E’ il superamento di ogni indifferenza e lontananza. Senza compassione non ci si può salvare.
E’ la sincerità, contraria all’infingimento, all’ipocrisia, alla menzogna, comporta la ricerca della verità, il fare verità.
E’ la coerenza fra il sentire e l’operare, fra il dire e l’attuare; dalla coerenza delle persone siamo stati istruiti e formati; siamo chiamati ad essere credibili con perseveranza.
Vivere queste dimensioni, attuarle ci rende più ricchi umanamente, attivi nella pratica del bene.