Nel brano che si medita oggi nelle Comunità cristiane (Vangelo di Marco 12, 38-44) ci vengono riproposte con forza due questioni, sempre attuali: il rapporto fra parole, insegnamenti e stile di vita e comportamenti; e poi il significato delle offerte, allora al tempio di Gerusalemme, oggi nelle nostre chiese o comunque per la solidarietà.
Le parole sono importanti, anche se sempre inadeguate per esprimere la profondità dei vissuti che riguardano le dimensioni fondamentali della vita: l’amore, l’amicizia, la speranza, la nascita, la sofferenza, la morte; lo stupore e la meraviglia e la sconferma e il disincanto. La poesia esprime le percezioni di queste profondità. Si avverte l’esigenza di parole profonde che comunicano i vissuti autentici e che appena pronunciate per indicare progetti e comportamenti diventano impegno operativo per attuarli.
In modo crescente si avverte il fastidio morale per le parole vuote che esprimono e che non coinvolgono in nessun impegno.
Gesù mentre insegna mette in guardia la gente che lo ascolta dai maestri della legge; costoro studiano a fondo per essere preparati ad istruire le persone che si raccolgono il sabato nelle sinagoghe, attingendo alla tradizione profonda per un orientamento etico importante.
Le loro spiegazioni sono adeguate, ma senz’anima tanto che, come evidenzia un altro passo del Vangelo, quando Gesù comincia ad insegnare la gente avverte subito la sua autorevolezza a confronto dei maestri della legge a cui questa manca.
Gesù esorta a non fidarsi di loro perché amano “passeggiare con vesti di lusso, essere salutati in piazza, avere i posti d’onore nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Con avidità cercano di portar via alle vedove tutto quello che hanno e intanto, per farsi vedere, fanno lunghe preghiere”.
Queste persone saranno giudicate con estrema severità. L’insegnamento in nome di Dio chiede loro coerenza, lo strumentalizzano comportandosi in modo opposto; peggio ancora coprono questa grave incoerenza con l’ostentazione di lunghe preghiere; aggravano ulteriormente il loro comportamento quando chiamati dalle povere vedove a risolvere qualche loro problema, dimostrano la loro avidità e cercano di impossessarsi di tutto quello che possiedono. Si tratta degli atteggiamenti e comportamenti che papa Francesco evidenza in una parte della Chiesa che presenta funzionari della religione, carrieristi, amanti dei privilegi, degli sfarzi e dei lussi e propone invece la Chiesa del Vangelo povera e dei poveri, semplice, sobria, accogliente verso tutti, credibile nella corrispondenza fra le parole che annuncia riferite all’insegnamento del Vangelo e ai comportamenti che attua.
Le offerte al tempio erano previste per ogni fedele. Gesù con i discepoli si siede vicino al tesoro del tempio e osserva chi si presenta, come si comporta, quanto denaro depone negli appositi contenitori, “Molti ricchi vi mettono molto denaro”. “Viene una povera vedova e colloca soltanto due monetine di rame”. Gesù commenta: “Io vi assicuro che questa vedova, povera com’è, ha dato un’offerta più grande di quella di tutti gli altri! Infatti gli altri hanno offerto quel che avevano d’avanzo, mentre questa donna, povera com’è, ha dato tutto quello che possedeva, quel che le serviva per vivere”.
Gesù non entra in merito all’opportunità o meno dell’offerta, specie per quella povera donna. Intende proporci una considerazione di fondo sulle motivazioni di eventuali offerte per la solidarietà di una comunità, di un progetto, di una situazione di bisogno; non dovrebbe mai trattarsi di qualcosa di obbligatorio, di superficiale, di ininfluente sul nostro stile di vita, bensì esprimere una scelta di fondo che si concretizza anche in quell’offerta.