Come due domeniche fa anche nel Vangelo di oggi (Luca 21,25-28.34-36) si legge un riferimento letterario e simbolico a fenomeni strani nel sole, nella luna e nelle stelle, per evidenziare situazioni di intensità e gravità particolari; si descrivono “l’angoscia e lo spavento che prenderanno i popoli per il fragore del mare in tempesta. Gli abitanti della terra moriranno per la paura e per il presentimento di ciò che dovrà accadere. Infatti le forze del cielo saranno sconvolte”.
Un linguaggio e simboli apocalittici per indicare una situazione storica e condizioni di vita particolari che provocano ad una risposta e soprattutto chiedono di mantenere una speranza, pure nelle difficoltà e nelle tribolazioni.
I riferimenti alla situazione storica attuale, anche dopo la strage di Parigi sono immediati. La fonte della forza interiore e della perseveranza è il Figlio dell’Uomo, Gesù di Nazaret che è venuto e che ritornerà e che nel tempo storico che ci è dato di vivere ci guida, ci accompagna e ci sostiene perché noi possiamo contribuire ad un futuro più umano, alla progressiva attuazione del regno di Dio, cioè di esperienze di accoglienza, condivisione, perdono, fraternità, pace.
Importante riflettere sulle nostre attese. Da oggi, nelle celebrazioni dell’Eucarestia fino al Natale del Signore si assumono nella riflessione e nella preghiera i contenuti e il senso delle nostre attese. Cosa attendiamo nella nostra vita, cosa attende l’umanità tutta? Certamente dipende in modo significativo dalle condizioni esistenziali di partenza: bambini e giovani; donne e uomini; anziani; sani e ammalati; con un lavoro o senza; in un momento della vita sereno o in uno difficile e tribolato. E ancora cosa attende una persona ai margini della società, cosa un carcerato, che cosa ancora chi si trova in una situazione di guerra e poi un immigrato, un profugo lontano dagli affetti e dalla propria terra e non accolto? Le attese possono esprimere compassione o indifferenza; amore e disponibilità o chiusura ed egoismo; attenzione e ricerca di comprensione o semplificazione, frasi fatte, irritazione, fastidio.
In un mondo e in una umanità sempre più interdipendenti ci par di capire come le nostre attese per essere veramente degne del nostro essere umani dovrebbero essere in sintonia con quelle di tutta l’umanità, certamente con particolare attenzione a chi è povero, affaticato, ai margini e insieme alla Madre Terra e a tutti gli esseri viventi che, come dice papa Francesco nell’enciclica Laudato sii uniscono il loro grido a quello dei poveri facendolo diventare un unico grido.
Gesù di Nazaret, il Figlio dell’Uomo è venuto e ci ha insegnato le attese vere e autentiche per trovare il senso profondo della nostra vita, in sintonia con quelle di tutta l’umanità, sollecitandoci a convertirci riguardo alle attese egocentriche, egoiste, superficiale, individualiste, separate da quelle delle altre persone che attendono risposte ed attese vitali: il cibo, l’acqua, l’istruzione, la terra, la casa, il lavoro, il calore di un’accoglienza umana, amorevole, calda; il riconoscimento della loro dignità. Per trovare la sintonia delle attese è necessario registrarle sulla lunghezza d’onda della giustizia, della compassione, della condivisione, del perdono, della verità, dell’accoglienza, della pace. E sono necessarie alcune qualità: l’umiltà, il coraggio, la coerenza, la perseveranza,
Papa Francesco facendosi eco credibile del Vangelo di Gesù continuamente propone questo percorso non solo alla Chiesa, ma a tutta l’umanità.
Ci sono tante persone piccole e adulte di età che vivono una profonda sensibilità, che alimentano il desiderio di poterla concretizzare in parole e gesti, nell’iniziativa o nella partecipazione ad un progetto, ad una esperienza significativa.
Ogni volta manca un segno positivo se questo sogno, se questa attesa non riescono ad essere vissuti. E’ quindi importanti sostenere e incoraggiare le attese buone e significative che diventano un segno non solo per chi le propone ma per chi può condividerle e per quanti vi entrano in relazione.