Quando parliamo di Dio siamo sempre noi esseri umani che ci esprimiamo in un determinato contesto sociale, culturale e religioso con parole e simboli particolari, mentre Dio richiama l’universalità.
Questa considerazione induce ad una profonda umiltà, a liberarci dalla terribile presunzione di identificare Dio con i concetti che noi elaboriamo per parlarne, con il linguaggio con cui ci esprimiamo.
E ancora apre alla realtà di fatto presente di un pluralismo teologico, simbolico, linguistico, liturgico.
Dello stesso Dio si può parlare in modo diverso.
E questo avviene già nei Vangeli. Se in quelli di Matteo, Marco, Luca si riferiscono le parole e i gesti di Gesù di Nazaret, soprattutto le relazioni con le persone i segni da lui compiuti, egualmente avviene nel Vangelo di Giovanni però con un procedere di riflessioni teologiche e con quel prologo che si legge e si medita oggi (Giovanni 1, 1-18) che mette in relazione profonda il Mistero di Dio, la creazione e l’incarnazione.
Si pone attenzione alla Parola che è Dio stesso che esprimendosi, manifestandosi è fonte della creazione, della vita nelle sue diverse presenze.
Una parola che si esprime come luce per gli uomini, anticipata e testimoniata dal profeta Giovanni. La luce vera stava per venire in quel mondo fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo ha riconosciuto, i suoi non lo hanno accolto.
Il rifiuto del Dio umano di Gesù diventa rifiuto del fratello; e il rifiuto del fratello diventa rifiuto di Dio: com’è possibile infatti affermare di credere in Dio che non si vede se si disprezza il fratello che si vede?
I rifiuti nella storia di oggi possono essere espliciti, diretti, violenti e anche coperti dalla coltre della indifferenza che da individuale si diffonde e diventa globalizzazione nell’indifferenza, come ci ricorda papa Francesco anche nella recente lettera per la giornata mondiale per la pace, il 1^ gennaio scorso, ma di fatto per ogni giorno nella storia di ognuno e in quella di tutta l’umanità.
Ci sono coloro che credono e procedono con umiltà, sempre cercando perché la fede è dono, ricerca, conquista, interrogativo, dubbio, fiducia, confidenza e affidamento.
Gli occhi della fede sono rivolti a “colui che è la Parola che è diventato un uomo e ha vissuto in mezzo a noi uomini; noi abbiamo contemplato il suo splendore divino… Nessuno ha mai visto Dio: il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al Padre, ce l’ha fatto conoscere”.
Gesù di Nazaret nelle sue parole e nelle sue relazioni con le persone, con il suo amore incondizionato ci rivela il volto del vero Dio non più utilizzabile per giustificare ingiustizie, armi, violenze e guerre, discriminazioni, rifiuti, abbandoni, scarti, distruzione delle tante espressioni di vita nel modo che ci circonda; conformismo, fatalismo, materialismo, consumismo.
E’ il Dio vicino, che vive continuamente la compassione, che si coinvolge, ascolta, guarisce, perdona.
E’ il Dio che ci provoca a costruire un mondo di giustizia, di pace, di fraternità.
Un Dio che proprio per questo amore incondizionato viene contrastato, rifiutato, ucciso, crocifisso, vittima fra le vittime; risorto, vivente guida alla vita per noi tutti.
Gesù ci rivela Dio e noi per seguirne l’esemplarità e il messaggio siamo chiamati a seguirlo vivendo e concretizzando l’amore con disponibilità, parole e gesti di accoglienza, vicinanza, per contribuire ad un mondo molto più giusto e umano di quello attuale.
Il Dio di Gesù è umanissimo, ci propone la radicalità del suo messaggio, ci accoglie e ci conforta nel cammino comprendendo debolezze, fragilità e incoerenze; siamo grati e commossi per la presenza di questo straordinario Gesù di Nazaret.