DOMENICA 27 Marzo 2016 Vangelo Giovanni 20,1-10
27/03/2016

DOMENICA 27 MARZO 2016
Pasqua di risurrezione: la vita oltre la morte
Vangelo di Giovanni 20,1-10

Il primo giorno della settimana, la mattina presto, Maria di Màgdala va verso la tomba, mentre è ancora buio, e vede che la pietra è stata tolta dall'ingresso. Allora corre da Simon Pietro e dall'altro discepolo, il prediletto di Gesù, e dice: 'Hanno portato via il Signore dalla tomba e non sappiamo dove l'hanno messo!'
Allora Pietro e l'altro discepolo uscirono e andarono verso la tomba. Andavano tutti e due di corsa, ma l'altro discepolo corse più in fretta di Pietro e arrivò alla tomba per primo. Si chinò a guardare le bende che erano in terra, ma non entrò. Pietro lo seguiva. Arrivò anche lui e entrò nella tomba: guardò le bende in terra e il lenzuolo che prima copriva la testa. Questo non era in terra con le bende, ma stava da una parte, piegato. Poi entrò anche l'altro discepolo che era arrivato per primo alla tomba, vide e credette. Non avevano ancora capito quello che dice la Bibbia, cioè che Gesù doveva risorgere dai morti. Allora Pietro e l'altro discepolo tornarono a casa. L'esperienza del morire e del vivere è proprio di ogni persona, situazione di morte che rallentano e colpiscono la vita si succedono, come quelle che favoriscono la ripresa della vita e della speranza.

L'esperienza del limite, del dolore della morte sono tendenzialmente rimosse in questa società dall'attenzione e dalla riflessione, proprio mentre la morte riguarda spesso nello stesso momento tante persone, si pensi alle migliaia di morti nel Mar Mediterraneo ed Egeo, a quelli uccisi dalle guerre, dal terrorismo dei fondamentalisti e da quello degli Stati.
Morti collettive con responsabilità collettive: insieme a quelle già ricordate i milioni di persone uccise annualmente dalla fame, dalla sete, da malattie curabili a cui non si provvede.
Ci sono le morti delle persone singole a causa di malattie, incidenti stradali, violenze, si pensi alle donne, le uccisioni  organizzazioni criminali.
Ci sono le morti di chi non ce la fa più a vivere e cerca una liberazione dall'angoscia e dal malessere che devasta l'anima.
Ci sono le morti di chi vi è andato consapevolmente incontro per fedeltà e coerenza alla giustizia e alla verità, di fatto alle persone e le comunità, al bene comune, morti come conseguenza di vite pienamente donate per contribuire alla liberazione e alla vita.
Così Gesù di Nazareth ucciso in modo violento dopo essere stato torturato: la morte del giusto colpito per il suo messaggio rivoluzionario di amore dalle classi dirigenti, per prima quella della religione del tempio e della sinagoga, per aver rivelato il volto, le parole, i gesti di un altro Dio, partecipe, misericordioso, continuamente coinvolto nelle relazioni per comunicare vicinanza, ascolto, guarigione, perdono, fiducia, speranza.
Ucciso perché considerato insopportabile.
La sua morte sembra porre fine all’annuncio e all'inizio di una nuova umanità, i poteri fra loro intrecciati sembrano vincitori. Gli uomini e le donne suoi amici, i discepoli di Gesù e coloro che lo hanno sentito vicino fino alla fine vivono una condizione di sconcerto e di avvilimento, di stroncatura della progettualità, della fiducia e della speranza.
Si rinchiudono per dolore e per paura di fare la stessa fine. Avvertono che il sogno di una nuova umanità si è infranto; tante situazioni della vita personale, delle relazioni, delle famiglie, delle comunità e dei popoli, della storia dell'umanità sono state e sono segnate da quest'esperienza di sconferma, delusione, avvilimento.
Come viverle, come elaborarle, come la vita può riprendere presenza e dinamismo? I Vangeli ci raccontano la visita delle donne al sepolcro di Gesù: per trattare con tenerezza e con oli aromatici il suo corpo; trovano il sepolcro vuoto e incontrano messaggeri di Dio che dicono loro che è risorto; vivono timore, incredulità e speranza; anche i discepoli Pietro e Giovanni si recano al sepolcro. Le voci si rincorrono fra dubbi, interrogativi, ricordo della sua parola che annunciava che sarebbe risorto.
Il sepolcro vuoto può essere un indizio, ma non una prova, probabilmente non c'è prova come noi vorremmo, bensì esperienze di relazioni profonde. I discepoli donne e uomini di fatto cambiano vissuto e atteggiamento: dalla paura al coraggio, dalla sfiducia alla speranza, dalla chiusura al futuro, alla ripresa del progetto iniziato con Gesù fino a coinvolgersi pienamente per il suo annuncio e la sua attuazione.
E come è stato possibile questo cambiamento? Loro raccontano degli incontri con Gesù vivente oltre la morte, sono incontri vissuti con incredulità, stupore, gioia profonda; avvengono in modo diretto, non nei luoghi della separatezza religiosa ma in quelli della quotidianità al sepolcro, nella stanza dove avevano celebrato la Pasqua, in riva al lago di Tiberiade, sulla strada di Emmaus, paradigma di tutte le strade del mondo. L'incontro con Gesù vivente oltre la morte coinvolge a comunicare oggi segni di vita nei rapporti con le persone, nei drammi della storia, parole e segni di liberazione, di speranza e di vita. La vita oltre la morte comincia ora e qui in questo aldiquà che continuerà nell'aldilà.


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