Il racconto del Vangelo di Giovanni ci propone di riflettere se è come sia possibile far evolvere poco a poco con una ripresa positiva le situazioni di dolore, di sconforto, di mancanza di speranza. Si tratta delle situazioni più problematiche e difficili della vita, in particolare quando si riferisce a dolori che devastano e annichiliscono.
Sconferme brucianti, abbandoni csonfortanti, malattie del corpo e dell'anima, morte di persone care specie quelle inattese e drammatiche, dolore per le morti per fame, sete, malattie curabili; in guerra per atti di terrorismo e nei mari, a causa di incidenti e disastri ambientali a cui spesso contribuisce in modo notevole la padronanza e l'usurpazione dell'uomo.
Le donne e gli uomini discepoli e amici di Gesù hanno vissuto con sconcerto il suo arresto e processo, la sua tortura e crocifissione, la sua morte nell'abbandono, fra la derisione e lo scherno.
Probabilmente ora avvertono anche lo sconforto per il loro comportamento: lo hanno praticamente consegnato, lo hanno abbandonato non lo hanno difeso anzi, uno di loro, Giuda ha favorito con tradimento il suo arresto e un altro, Pietro, ha perfino negato di conoscerlo.
Pare ora che la persona, le parole i gesti di Gesù appartengano al passato, anche se recente e non aprano ad un futuro possibile. Davvero pare tutto finito e il gruppo per paura è rinchiuso nella sala dove avevano celebrato con Gesù la cena pasquale.
Gesù entra, si fa loro presente e li saluta: "La pace sia con voi". Mostra loro le mani e il fianco: sono meravigliati, increduli e gioiscono nel profondo del loro animo.
Gesù esprime loro nuovamente il saluto di pace e soffia su di loro per comunicare lo spirito della vita il cui frutto il principale è la misericordia, il perdono del male.
Nel gruppo ora formato da undici dopo la fine drammatica di Giuda, manca Tommaso.
Quando ritorna fra loro gli raccontano commossi ed emozionati l'incontro con Gesù risorto, vivente oltre la morte. Lui dice di non crederci fino a quando non vede il segno dei chiodi nelle sue mani, non lo tocca con il dito, se non accosta la sua mano al suo fianco.
Otto giorni dopo sono riuniti di nuovo e c'è Tommaso. Anche in questo secondo incontro Gesù li saluta con le parole della Pace, dono da parte sua, richiesta di responsabilità da parte dei discepoli di allora e di noi oggi.
Gesù invita Tommaso a passare la mano e il dito sulle cicatrici delle sue ferite e lo invita: “a non essere incredulo, ma credente!” E gli dice ancora: “Tu hai creduto perché hai visto; beati quelli che hanno creduto senza aver visto!”.
I discepoli passano dalla delusione alla speranza, dalla mancanza di prospettive all'apertura di un orizzonte positivo possibile perché incontrano di nuovo Gesù vivo.
E’ quindi decisiva la relazione con lui che continua a comunicare amore dopo la morte violenta. I percorsi delle storie umane sono delicati e difficili, specialmente in alcune situazioni in cui si avverte la frantumazione della speranza e la morte si presenta in modo inspiegabile e tragico. L'incontro con il Dio umanissimo di Gesù che ha provato sofferenza, abbandono, delusione e morte e che dopo la morte continua ad esserci vicino, a comunicarci forza interiore e sostegno può essere un riferimento importante.
Insieme a lui la presenza di qualche persona che in modo discreto, amorevole e gratuito comunichi vicinanza, amore, amicizia, calore. Solo l'amore può aiutarci.