DOMENICA 17 Aprile 2016 Vangelo Giovanni 10,27-30
17/04/2016
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DOMENICA 17 APRILE 2016
Il pastore che dà la vita: esemplare per le nostre scelte
Vangelo di Giovanni 10,27-30

Le mie pecore ascoltano la mia voce: io le conosco, ed esse mi seguono. E io do loro la vita eterna: esse non andranno mai in rovina. Nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti. Per questo, nessuno può strapparle dalle sue mani. Io e il Padre siamo una cosa sola.

Il brano del Vangelo di questa domenica (Giovanni 10,27-30) si colloca subito dopo i passaggi nei quali Gesù di Nazareth descrive la sua presenza, le sue parole e azioni riprendendo il riferimento biblico molto conosciuto del rapporto tra il pastore e il suo gregge e della marcata e alternativa differenza fra i cattivi e buoni pastori. 
Gesù afferma di essere il pastore buono e queste sono le qualità che lo caratterizzano: vive in mezzo alle pecore, ne condivide costantemente le situazioni e le condizioni, le prende a cuore, se ne prende cura, le conduce a mangiare in pascoli erbosi e a dissetarsi ad acque limpide e tranquille, si accorge di quelle deboli e ferite ed esce subito a recuperare quella smarrita. Loro lo riconoscono e seguono la sua voce. Lui è disposto a dare la sua vita per difenderle da ogni pericolo. Il comportamento del Buon Pastore è l'esatto contrario di quello del mercenario a cui non sta a cuore la vita delle pecore perché interessa unicamente il guadagno, non ne condivide la vita, non le conosce e nell'avvicinarsi del pericolo fugge disinteressandosi completamente della loro sorte. 
Questa immagine così significativa, anche se di impatto molto minore per la nostra società, rimanda alle situazioni e relazioni di oggi, in particolare ai rapporti tra coloro che rivestono compiti di guida e di responsabilità pubblica e le altre persone.
Si possono indicare i rapporti fra i genitori e figli, fra insegnanti alunni, tra medici, infermieri e ammalati, tra datori di lavoro e operai, fra responsabili dei servizi amministrativi e sociali e gente che a loro si rivolge, fra i rappresentanti della politica e i cittadini, tra papa, vescovi, preti, religiose e religiosi e donne uomini con cui vengono in relazione. In che misura e qualità si vivono le qualità proposte e testimoniate da Gesù di Nazareth pastore buono per l'umanità?
Il criterio dirimente per la verifica è l'amore come dimensione fondamentale che orienta e sostiene scelte, parole e gesti, che sollecita continuamente alla condivisione della vita, fino ad evidenziare che non sono credibili le parole e le azioni di chi non partecipa, non è coinvolto, non conosce, tenendo ben presente che nell'esperienza e nel messaggio biblico autentici conoscere è amare. Tante e quotidiane sono quindi le attuazioni in sintonia e in contraddizione con queste prospettive di qualità umana. Tra le altre possibili un riferimento alla politica alla chiesa. La prima può poco a poco riprendere credibilità solo se coloro che vi sono impegnati stabiliscono un rapporto diretto e continuo con le persone, le esperienze, la società. Altrimenti, come purtroppo constatiamo, non sarà possibile. Per quanto riguarda la Chiesa la novità di Papa Francesco è straordinaria e incoraggiante: la Chiesa povera e dei poveri, della misericordia, con le porte aperte per accogliere e anche per uscire ad abitare le periferie, la Chiesa come ospedale da campo in cui la qualità esigita è la compassione, il cuore che partecipa e sollecita a curvarsi sulle ferite per portare sollievo e conforto, non la Chiesa dei burocrati, dei funzionari della religione, bensì dei pastori che odorano dell'odore delle pecore. Molti vescovi, preti, religiosi anziché gioire per il conforto e il sostegno sono spaesati e imbarazzati. E poi preferibile non entrare in merito agli attici dei cardinali perché siamo proprio agli antipodi del Vangelo. Gesù dice che dona la vita per sempre alle sue pecore cioè un senso duraturo, inteso come direzione e come contenuti. E questo perché Dio, il Padre con cui lui “è una cosa sola” vuole così. E’ il Dio umano per tutti e di tutti.


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