Tutti noi possiamo testimoniare il coinvolgimento con il dolore lacerante, fino a sembrare insopportabile, dei genitori per la perdita di un figlio o di una figlia a seguito di una grave malattia, di un incidente stradale o di altre situazioni estreme.
Essere coinvolti e partecipare può essere certo una vicinanza profonda e speciale, ma non può mai diventare una identificazione nel vivere il medesimo immenso dolore per lo strappo improvviso o lentamente atteso.
È una condizione tra le più dolorose, anzi la più dolorosa della vita.
Non sembra possibile, pare solo un brutto sogno, un incubo che poi passerà. Invece la realtà è durissima e gli interrogativi incalzano per cercare una risposta che non viene.
E riguardano anche la fede religiosa, la presenza o l'assenza di Dio che se è onnipotente e non interviene è percepito nella sua crudeltà inaccettabile nel permettere che queste situazioni avvengano.
La ricerca personale e del nucleo familiare di placare il dolore è molto lenta e faticosa e ciascuno la vive con la sua sensibilità e suoi tempi.
E' possibile andando oltre le parole già pronte percepire nella fede in Dio un riferimento di accoglienza, di consolazione, di sostegno?
O è troppo difficile, o è un rifugiarsi in Dio perché non resterebbe nessun altro riferimento?
Alcune esperienze dolorose della vita ci comunicano un allontanamento da Dio, un rifiuto della sua presenza; altre di come la fede, non certo in modo miracolistico, né in breve tempo possa costituire un riferimento di accoglienza, conforto, sostegno; non una risposta alle domande che resteranno per sempre sospese, ma un accompagnamento delle stesse domande e una loro accoglienza nel Mistero a cui si riesce ad affidarsi.
Ma a quale Dio riferirsi? Non al Dio onnipotente, onnisciente, responsabile di quelle morti così tragiche dolorose, ma il Dio umanissimo di Gesù, vicino, compagno di viaggio, solidale a tal punto di essere considerato un pericolo in quanto destabilizzatore del sistema religioso e politico e per questo ucciso, sofferente, Crocifisso, vittima fra le vittime.
Per come si riesce a percepire, questo Dio presente in Gesù di Nazareth Crocifisso e sofferente è accostabile nel momento del dolore e della prova, accanto a coloro, donne e uomini, che con una presenza amorevole, gratuita e discreta esprimono vicinanza e partecipazione, preoccupazione e disponibilità.
Il Vangelo di questa domenica (Vangelo di Luca 7,11-17) ci racconta la commossa partecipazione di Gesù al dolore straziante di una madre vedova per la morte del suo unico figlio. Grande è la partecipazione.
Appena la vede Gesù vive la compassione, cioè vibra interiormente nel suo animo, partecipa al suo dolore e la esorta a non piangere più.
Poi si avvicina alla bara e la tocca; coloro che la portano si fermano e lui dice al ragazzo: " Ragazzo, io te lo dico:-alzati!”. Il ragazzo si alza e comincia a parlare: “Allora Gesù lo restituisce a sua madre”.
Lo stupore è grande e diffuso e spontanee sono le preghiere di gratitudine. Dio quindi non ha causato la morte di quel ragazzo, ma invece è presente in Gesù che consola la madre a cui riconsegna il figlio vivo.
Riuscire a percepire che Dio è vicino può essere un riferimento di consolazione e di sostegno pure in presenza delle tante difficoltà a percepirne la vicinanza.