Il Vangelo di questa domenica (Luca 12, 32-48) ci sollecita a più di qualche riflessione, a cominciare dalla verifica di quali sono le dimensioni e situazioni che noi riteniamo le nostre ricchezze perché “dove sono le nostre ricchezze là c’è anche il nostro cuore”.
Possono essere l’amore profondo, l’amicizia sincera, la cultura, l’etica, la disponibilità, le esperienze positive di umanità buona, la spiritualità, la creatività, la profondità del nostro patrimonio interiore che raccoglie le diverse situazioni della vita, quelle serene e quelle tribolate e dolorose. Ricchezze verificate severamente nell’attuale situazione della storia.
Il Vangelo poi ci stimola alla vigilanza e alla prontezza, utilizzando anche tre brevi parabole.
Una racconta di alcuni servitori che sanno attendere fino a tardi il loro signore che torna da una festa. Un’altra del padrone di casa attento a possibili incursioni di ladri.
Una terza di un amministratore a cui è stata affidata la responsabilità dell’organizzazione dei dipendenti: se è vigile e responsabile risponde al suo mandato; se invece si sente protagonista in modo negativo, maltratta le persone, pensa a divertirsi mangiando, bevendo, ubriacandosi, tradisce e perde il senso del suo compito.
“Anche voi tenetevi pronti perché il Figlio dell’uomo verrà quando voi non lo aspettate”. Queste esortazioni evangeliche nella tradizione sono state accostate esclusivamente al momento della morte, alla preparazione spirituale a questo passaggio concreto e misterioso.
In realtà l’esortazione riguarda tutta la vita, dato anche lo stretto rapporto fra il vivere e il morire, fra vita e morte; è la qualità umana e positiva della vita che può dar senso alla morte che avviene più volte in tempi e modalità che rendono impossibili momenti di riflessione e preparazione. Il Figlio dell’uomo viene continuamente nella presenza delle persone, nei fatti della storia che ci interpellano.
La vigilanza, l’attenzione, la prontezza, la responsabilità, prima di essere un fare sono dimensioni interiori spirituali e culturali. La Parola del Signore le sollecita e le alimenta in continuità. Sul piano culturale sono sempre di straordinaria attualità le parole di Antonio Gramsci sulla cultura.
“Cultura non è possedere un magazzino ben fornito di notizie, ma è la capacità che la mente ha di comprendere la vita, il posto che vi teniamo, il nostro rapporto con gli altri uomini. Ha cultura chi ha coscienza del sé e del tutto, chi sente la relazione con gli altri esseri. Cultura è la stessa cosa che la filosofia: ciascuno di noi è un poco filosofo; lo è tanto di più, quanto più e uomo. Cultura, filosofia, umanità sono termini che si riducono l’uno nell’altro: cosicché essere colto, essere filosofo lo può chiunque voglia. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a noi stessi il perché delle azioni proprie e altrui; tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, sforzandosi di capire ogni giorno di più l’organismo di cui sono parte, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza, di passione, di volontà: non addormentarsi, non impigrirsi mai: dare alla vita il suo giusto valore in modo da essere pronti, secondo necessità, a difenderla o a sacrificarla. La cultura non ha altro significato”. Parole straordinarie: appunto cultura come fondamento di vigilanza, prontezza e responsabilità.