Perentorie le affermazioni di Gesù: “Io vi dico: ogni ricchezza puzza di ingiustizia… Nessun servitore può servire due padroni, perché, o amerà l’uno o odierà l’altro; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e il denaro”.
Servire Dio comporta di per sé servire i fratelli e quindi sensibilizzare a un’economia di vita liberandoci progressivamente dall’economia di morte, in quanto alimentata dalla morte e produttrice di morte.
L’economia di morte è tale perché il fine dichiarato e praticato è la massimizzazione dei profitti senza alcuna preoccupazione per le conseguenze sulle persone e sulle comunità e sulla vita di tutto l’ecosistema intimamente interdipendente.
Si tratta proprio di una concezione e organizzazione del mondo da ridiscutere radicalmente.
Spesso si sente in modo ossessivo comunicare e poi commentare la crescita o la diminuzione del PIL, che segue appunto il criterio della massimizzazione dei profitti: l’homo economicus è diffusamente infelice perché la logica delle “cose” da possedere e da consumare spinge all’esigenza di altre cose in un’ossessiva continuità.
Pensare che 62 persone al mondo possiedono le ricchezze di altri tre miliardi e mezzo di persone, per lo più impoverite, dovrebbe impressionare e sollecitare a reagire.
Insieme è spaventoso costatare che ogni ora muoiono, più veritiero sarebbe affermare che sono uccisi dalla fame, dalla sete, dalle guerre, 800 bambini e bambine.
Partendo dall’Italia, l’economia criminale, cioè i proventi di attività come il contrabbando, il traffico di armi, lo smaltimento illegale di rifiuti, il gioco d’azzardo, la ricettazione, la prostituzione e il traffico di stupefacenti, vale 170 miliardi di euro l’anno.
La tratta di esseri umani è la forma di schiavitù più aberrante degli ultimi anni e, con un profitto di decine di miliardi di dollari, è al terzo posto fra i fenomeni criminali internazionali, subito dopo il traffico di stupefacenti e di armi.
Il volume degli affari annuali delle droghe è impressionante come il giro d’affari del traffico delle armi; sarebbe istruttivo confrontare le cifre impressionanti con quello che di bene si potrebbe realizzare. Anche la cifra del gioco d’azzardo è di quelle che fanno tremare i polsi: 84,5 miliardi di euro spesi nel gioco in Italia nel 2014; il nostro Paese è il primo in Europa e il terzo nel mondo, con l’incredibile avvallo istituzionale e con la rovina di persone e di famiglie.
Economisti di competenza e esperienza, come via di uscita, indicano un’economia sociale scritta ed attuata a quattro mani: dalla cittadinanza attiva, dagli enti intermedi, da imprese che creano valore in senso sociale e dal voto dei cittadini con il portafoglio, scegliendo cioè i prodotti da acquistare secondo garanzie di produzione etica in tutti i sensi. Il criterio di verifica deve passare dal PIL al “buen vivir”, cioè alla qualità della vita, alle relazioni, alla comunità, al benessere delle persone inteso in senso più globale.
L’orizzonte che la radicalità del Vangelo ci indica orientamenti e opzioni di fondo che si potrebbero condividere come impegni per noi e per le nostre comunità.
Non tacere dinnanzi alle ingiustizie e a ogni tipo di illegalità; contrastare ogni forma di corruzione perché cancro della civiltà e della democrazia; liberarci e liberare da una concezione economicistica della terra, dell’ambiente, del lavoro e delle relazioni umane; denunciare la finanza che uccide i poveri e crea disuguaglianze sociali su scala planetaria; impegnarci nell’educazione ad una finanza etica e giusta, ad un’economia di pace, a vivere il rapporto con il denaro nella logica della trasparenza perché non si alimentino favoritismi né si assicurino privilegi; orientare le risorse economiche sempre verso il bene comune e mai verso interessi di pochi individui o di singoli gruppi.