Gesù di Nazareth viene a sapere che Giovanni il Battezzatore, suo cugino, è stato arrestato: certamente dispiacere, preoccupazione, riflessione sulla sorte dei profeti e dei giusti. Decide andare ad abitare nella città di Cafarnao, sulla riva del lago di Galilea. Da questo momento comincia a predicare il suo messaggio e dice: “Cambiate vita, perché il regno di Dio è vicino!” (Vangelo di Matteo 4,12-23).
Il mondo di Dio, il suo sogno sull’umanità, in un'altra espressione “il suo regno” non riguarda una realtà lontana come luogo e come tempo bensì presente, attuale che chiede coinvolgimento e partecipazione per la sua realizzazione; per questo esige un cambiamento “conversione” del cuore della mente: per diventare umili, coraggiosi, non violenti, costruttori di pace, vibranti di compassione, giusti, sinceri, coerenti, cambiare per rinnovare; sentirsi accolti e salvati per portare parole e segni di salvezza.
I primi ad essere coinvolti in questo progetto di una umanità veramente umana sono stati quattro pescatori del lago di Tiberiade, due coppie di fratelli: Simone e suo fratello Andrea che stanno pescando con la rete; Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo che stanno con il padre nella barca impegnati a riparare le reti. Tutti e quattro seguono Gesù che non intende insegnare loro e poi ad altri una nuova dottrina, né istituire ed organizzare una nuova religione, bensì comunicare una nuova sensibilità, un altro modo di sentire se stessi, il rapporto con gli altri, con il denaro, il potere, le istituzioni religiose e politiche; il senso profondo, autenticamente umano di vivere, amare, relazionarsi, dedicarsi, impegnarsi, soffrire e morire in modo veramente umano, il più umano possibile.
E poi vivendo questa esperienza avvertire l'importanza di testimoniarla, di diffonderla, evitando qualsiasi atteggiamento di imposizione, di proselitismo; esprimendo in continuità compassione, premura, cura per ogni persona, qualsiasi sia la sua provenienza, appartenenza, condizione esistenziale.
Da allora ad oggi l'esperienza avviata da Gesù di Nazaret e seguita da una moltitudine di donne e uomini, da innumerevoli comunità è stata caratterizzata da intense e lucide testimonianze coerenti e da pesanti ombre di incoerenza e infedeltà rispetto a Gesù e al suo messaggio. Un recente libro “Chi salva una vita salva il mondo intero” racconta l'esperienza del gesuita padre Georg Sporschill impegnato con i bambini di strada nell’Est dell'Europa e il suo rapporto con il cardinale Martini che lo ha invitato a Gallarate nella casa dei Gesuiti, dove era ricoverato, per parlargli ed esprimergli con la sua profonda fede nel Dio di Gesù e con il suo amore per la Chiesa, le sue gravi preoccupazioni con parole molto forti quali: “La Chiesa è indietro di 200 anni, se non di 300”. Ha citato Madre Teresa di Calcutta e fratel Ettore, religioso che ha aperto a Milano molti rifugio per barboni, persone dipendenti da sostanze, diseredate. Ha parlato di una Chiesa il cui fuoco si cela sotto unacoltre di cenere, che solo persone “fuori dalle righe” possono aiutare a togliere, “che siano vicine ai poveri e ai giovani e che sperimentino cose nuove”.
Ha indicato tre rimedi: la conversione unita al riconoscimento dei propri errori; la Parola di Dio, come aiuto alla voce interna della coscienza; i sacramenti, con l'invito a valutare ulteriormente la disciplina rispetto ai divorziati risposati.
Questo testamento è stato pubblicato il primo settembre 2003, il giorno dopo la morte di Martini. La domanda che lui ha rivolto padre George arriva a noi: “E tu cosa puoi fare per la Chiesa?”.