Quotidianamente sperimentiamo come esseri umani la nostra ambivalenza; possiamo scegliere il bene e il male, in modo il più o meno consapevole ed evidente.
La nostra libertà e responsabilità di scelta interpellano le nostre convinzioni etiche e avvertiamo in continuità come siano importanti l'educazione e la formazione di coscienze attente, libere, responsabili.
Nel Vangelo di questa domenica (Matteo 13, 24-43) Gesù di Nazareth ci conduce con una parabola a guardare la storia del mondo e in essa l'annuncio e la partecipazione al “Regno di Dio”, all’umanità di giustizia, di pace, fraternità che lui propone e in cui ci coinvolge.
Lo sguardo si posa su un campo seminato di frumento buono. Durante la notte un nemico del proprietario semina erba cattiva, poi se ne va. Quando la crescita è evidente si scorgono le piante di frumento, la maturazione delle spighe e in mezzo si nota l'erba cattiva. I contadini non sanno capacitarsi di come sia potuto succedere e chiedono spiegazioni al proprietario che attribuisce la responsabilità a un suo nemico. I contadini sono disponibili ad impegnarsi subito per estirparla, ma il proprietario li dissuade indicando loro il pericolo di strappare insieme il grano buono e l'erba cattiva: è preferibile attendere fino al giorno del raccolto nel quale operare la separazione netta e definitiva. Non si tratta dell'invito all'attendismo o all'attenuazione dell'impegno, tutt'altro: operare il bene è fondamentale per prevenire il male, contrastarlo, combatterlo nelle diverse forme in cui si concretizza.
Pare di poter cogliere l'invito implicito a preoccuparsi di essere grano buono per rendere più credibile ed efficace la lotta al male sui diversi e intrecciati piani: culturale, etico, istituzionale, politico, religioso. Gesù si esprime con due parabole ancora: possono essere percepite da noi come incoraggiamento.
Tutti vorremmo che le grandi questioni soprattutto la giustizia, la pace, l'accoglienza, la custodia della terra e di tutti i viventi, l'attenzione e la cura per chi fa fatica, è debole, fragile, povero, ai margini trovassero risposte ben più sollecite, adeguate, efficaci, che il “Regno di Dio” progressivamente si realizzasse in modo più concreto ed evidente. Pensiamo alla questione decisiva delle migrazioni. Ma purtroppo non è così.
Gesù appunto ci dice che il regno di Dio, questa nuova umanità da costruire, a cominciare da ognuno di noi, è come un granello di senape che un uomo ha seminato nel suo campo. È il più piccolo ma da lui poi cresce, poco a poco un albero molto grande tra i cui rami gli uccelli vengono a fare il nido.
Il messaggio per noi è di speranza e incoraggiamento ad esserci e operare al meglio delle nostre possibilità, senza però lasciarci ricattare dal criterio quantitativo dei risultati e cambiamenti che vorremmo: certamente una verifica ed una riflessione sono da tenere presenti, ma non in modo decisivo. Fra il niente e il poco non è questione di quantità, bensì di significato.
Il niente dice immobilità, sfiducia, conformismo, accettazione della situazione così com’è.
Il poco che riusciamo a concretizzare, alle volte per noi è veramente tanto; esprime sensibilità, prospettiva, convinzioni, disponibilità, impegno. E’ il poco di bene diffuso dovunque che cambia progressivamente le situazioni negative. Resta sempre importante collegarlo e farlo diventare un unico progetto.
Domenica 23 luglio: Unica celebrazione dell’Eucarestia alle ore 9.30 (così sarà per i mesi di luglio e agosto; le due celebrazioni riprenderanno domenica 3 settembre).