Un’altra parabola di Gesù di Nazaret che entra nella nostra vita (Vangelo di Matteo 21, 33-43).
Ci sono relazioni e situazioni della vita accompagnate con disponibilità, cura, costanza. Gli esiti poi possono rivelarsi deludenti perché proprio i destinatari di tanta attenzione e cura si dimostrano presuntuosi, arroganti, in una parola “padroni”.
Se ampliamo l’attenzione alla Chiesa, a quella presente nelle nostre parrocchie si potrebbe egualmente riflettere partendo da alcuni interrogativi: quali sono gli esiti di tanti incontri di catechismo, di tante celebrazioni liturgiche, di tanti altri momenti religiosi quando si constatano in modo evidente atteggiamenti e parole distanti e anche contrarie al Vangelo: riguardo alle ingiustizie, alle guerre, al razzismo nei confronti dei migranti, al disprezzo verso le persone “diverse”, nei confronti dei carcerati?
Certamente la situazione della fede oggi è complessa, problematica: dall’essere adulti nella fede e dalle scelte conseguenti, alla scarsa presenza dei giovani; dal distacco, dalla pratica religiosa, al riconoscersi in forme di devozionalismo e spiritualismo astratto, dalle incoerenze della Chiesa come istituzione, a esempi da seguire come i tanti profeti, martiri e testimoni, come papa Francesco.
Gesù per evidenziare la situazione del suo tempo racconta la parabola di un uomo che ha piantato una vigna con tutta l’avvertenza, l’attenzione, la competenza. Poi parte e va lontano. Al tempo della vendemmia manda alcuni a ricevere la parte che gli spetta. Ma i contadini che lavorano nella vigna uno lo bastonano, un altro lo colpiscono con le pietre e un terzo lo uccidono.
Il padrone della vigna invia un’altra delegazione ancora più numerosa ma l’esito è egualmente drammatico. Alla fine manda suo figlio nella speranza che abbiano rispetto almeno di lui.
Ma in quei contadini è andata crescendo la bramosia dell’avere, il delirio di onnipotenza, la spregiudicatezza accresciuta dall’aver già compiuto violenze e omicidi e pensano che uccidendo il figlio possano impossessarsi di quel vigneto.
Gesù domanda ai suoi interlocutori come agirà, secondo loro, il proprietario. Quelli rispondono indicando durezza e castigo, sottrazione della vigna e affidamento della stessa ad altri contadini responsabili e onesti. Gesù commenta: “Per questo vi assicuro che il Regno di Dio sarà tolto a voi e sarà dato a gente che farà crescere i suoi frutti.”
I capi dei sacerdoti e i farisei capiscono che Gesù con queste parabole evidenzia i loro comportamenti ipocriti e incoerenti. Vorrebbero catturarlo, ma temono la reazione della folla. Lui rivolge le stesse parole alla Chiesa, a noi tutti: cosa ne avete fatto della mia persona, del mio Vangelo? Tante volte lo avete addomesticato, diluito, dimenticato. Dove sono i frutti di opere buone? Come state operando per la giustizia, la pace, la salvaguardia del creato; per i migranti, per i carcerati, per tutte le persone ferite, abbandonate, che fanno fatica a vivere?
“La pietra che i costruttori hanno rifiutato è diventata la pietra più importante. Il Signore ha fatto questo ed è una meraviglia ai nostri occhi”.
Non conta il consenso, ma la coerenza; non il potere ma il servizio; non l’apparenza, ma l’autenticità, non la strumentalità, ma la libertà; non le folle, ma essere pietre scartate dal sistema e stare con le pietre scartate per immaginare, progettare, costruire una nuova umanità.