Il Vangelo di questa domenica (Matteo 25,1-13) si conclude con questa esortazione: “State svegli, dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora”.
L’interpretazione storicamente più diffusa nella Chiesa ha riguardato l’ora della morte, con accenti, più di qualche volta, piuttosto severi, fino ad impaurire le persone; l’esortazione pressante riguardava “l’essere in grazia di Dio”, attribuendo a questa espressione la pulizia dell’anima da ogni comportamento negativo.
I mutamenti sociali e culturali, la svolta antropologica, i cambiamenti ecclesiali portano attualmente ad una diversa comprensione sia dell’essere in grazia di Dio, sia della percezione della morte, tendenzialmente nascosta ed esorcizzata, ma, quando è possibile assumerla nella riflessione e nel confronto, di profondo coinvolgimento per tante persone. Mi riferisco alla folta partecipazione nei diversi territori quando, ad esempio, si affrontano le questioni del vivere e morire con dignità. Data la concretezza e il mistero della morte, i tempi, i luoghi e i modi così diversi in cui avviene, si percepisce come la preparazione alla morte diventi soprattutto preparazione e attuazione a vivere con significato positivo la vita. Allora l’essere pronti riguarda la nostra vita.
Questa disponibilità e preparazione attualmente ci coinvolgono in modo particolare; nel mutare delle situazioni sociali, culturali, etiche, politiche, religiose essere pronti alle diverse richieste della vita è più difficile, diventa anche arduo, dalle relazioni di amore e di amicizia; al rapporto con i figli, con i giovani in generale nelle famiglie, nelle scuole, nella Chiesa; alla considerazione e valutazione dei fatti di violenza; alla lettura della presenza dei migranti; alle questioni di bio-etica sull’inizio e sul fine della vita; alle altre situazioni ancora.
Più volte ci si sente impreparati, inadeguati, ma questo vissuto può essere importante e positivo più della presunzione di sapere quello che in realtà non si sa.
Pare che essere pronti significhi essere umili, disponibili sempre ad ascoltare, ad apprendere; a sperimentare momenti di approfondimento, di riflessione, di lettura, di dialogo, di confronto; nutrire ideali e progetti, con la pazienza attiva e perseverante di attuarne alcuni segni, cercando nel contempo i segni positivi attorno a noi, nelle nostre comunità locali e in quelle del Pianeta.
Essere pronti significa alimentare un cuore sensibile e una coscienza informata, formata, libera, autonoma e responsabile; ragionare in modo umano.
Si possono leggere queste disponibilità e attitudini nella parabola del Vangelo: nell’intelligenza preventiva di cinque ragazze che per partecipare alla festa di un matrimonio avevano portato con sé una riserva di olio per le loro lampade, qualora ci fossero stati ritardi; le altre cinque invece non ci avevano pensato per cui ad un certo punto, dato il protrarsi dell’arrivo dello sposo, restano senza e quando dopo riescono a recuperarlo, le porte della festa sono già chiuse.
Essere pronti nelle diverse situazioni della vita ci richiede un apprendimento ed una preparazione continui.