La famiglia di Nazaret può essere un modello da seguire per le qualità umane e spirituali, per le relazioni profonde fra i suoi componenti: Giuseppe, Maria e Gesù, non per una sorta di modello sacrale separato dall’umanità, dalla sua complessità positiva e problematica.
Maria, umile ragazza del popolo di Nazaret con il suo fidanzato Giuseppe che fa il falegname, progetta il matrimonio.
L’irruzione del Mistero nella loro vita scompagina per un periodo la loro decisione. Maria riceve in dono un figlio speciale; Giuseppe dopo lo smarrimento decide di starle accanto, come entrambi desideravano nel profondo dell’animo; possiamo pensare che poi si siano sposati e che Giuseppe è stato pienamente marito di Maria e padre di Gesù.
Una vita difficile la loro; l’impero romano che occupa la Palestina esige il censimento; per assecondare questo obbligo vanno a Betlemme e qui, in una stalla per il ricovero degli animali, Maria partorisce Gesù. Per loro non c’è festa, non c’è clamore, ma solo la loro intima gioia e quella di alcuni pastori che partecipano.
Nell’immediato tempo successivo entrano a far parte dei milioni di profughi della storia, costretti a partire, a causa delle tirannie e oppressioni.
Da Erode a oggi cambiano solo i nomi dei tiranni e degli oppressori ma le situazioni ripropongono le medesime dinamiche.
Giuseppe e Maria con il bambino fuggono in Egitto. Al ritorno presentano Gesù al tempio come nella tradizione (Vangelo di Luca 2,22-28); è come un riconoscimento del dono ricevuto.
Si sa come le tradizioni possono diventare ripetitive se fine a se stesse e come invece possono diventare momenti significativi profondi, soprattutto quando si incontrano persone ricche di memorie, di spiritualità, di fede, di perseveranza e servizio; com’è Simeone, uomo retto e pieno di fede in Dio che aspettava con fiducia la liberazione d’Israele e come è Anna, profetessa molto anziana; stava nel tempio, serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere e certamente nella disponibilità all’accoglienza e all’incontro con le persone che si recavano ogni giorno al tempio.
Nella famiglia di Nazaret diventa significativo il momento in cui durante un pellegrinaggio a Gerusalemme, Maria e Giuseppe angosciati cercano per tre giorni Gesù prima di incontrarlo nel tempio tra i maestri della legge. Il rapporto tra i genitori e il figlio emerge in tutta la sua problematicità.
Da come possiamo intuire la vita nella famiglia di Nazaret si svolge nella quotidianità del lavoro in casa, nella piccola bottega di Giuseppe in cui Gesù impara il mestiere di falegname, nei rapporti umani con le persone del villaggio e dei villaggi vicini: rispetto, attenzione, ascolto, premura, e cura reciproci, preghiera e affidamento a Dio.
Questa sensibilità, disponibilità e qualità sono importanti per le esperienze delle famiglie di oggi, in situazioni e configurazioni diversificate, tanto che si potrebbe utilizzare in modo veritiero il termine “nuclei affettivi”.
Le storie umane, con le loro diversità, gioie, sofferenze, fatiche, ricchezze umane e spirituali al di là di facili moralismi ci interpellano all’attenzione, all’ascolto, alla vicinanza e all’accompagnamento.
Le qualità della famiglia di Nazaret sembrano proprio importanti ed esemplari per ogni nucleo affettivo, per ogni famiglia.