In questo straordinario Gesù di Nazaret riconosciamo le dimensioni più autentiche e profonde della nostra vita.
In particolare tre di esse ci vengono proposte nel racconto del Vangelo (Marco 1,29-39) di questa domenica. Per una sorta di percorso pedagogico si può partire dall’ultima che il Vangelo descrive come fondamento delle riflessioni, delle parole e delle azioni.
Gesù si alza molto presto, quando è ancora notte fonda ed esce per recarsi in un luogo isolato per mettersi a pregare.
E’ l’isolamento necessario dall’attivismo, dal ritmo frenetico, dallo stordimento delle situazioni, dalla superficialità e dal pressapochismo, dall’intensità del lavoro, dall’insistere delle preoccupazioni e degli affanni.
Soli con se stessi in modo veritiero, nel silenzio non vuoto, bensì abitato, interlocutorio e significativo; nella contemplazione e dialogo con l’ambiente che ci circonda. Soli nella preghiera come profondità dell’animo, non necessariamente verbale; come stare con la nostra vita in presenza del Mistero, della Presenza di Dio per ringraziare, invocare, affidarsi.
Una solitudine positiva, amica, feconda, rigeneratrice.
La seconda dimensione è l’immersione di Gesù di Nazaret nella sofferenza dell’umanità: la gente “gli porta tutti quelli che sono malati e posseduti dal demonio”; lui guarisce molti di loro che soffrono di malattie diverse e scaccia molti demoni”.
Le malattie e le sofferenze riguardano gli aspetti fisici, psicologici, relazionali; sono da considerare, ad esempio, malattie come il cancro, l’Alzheimer, il Parkinson, quelle psichiche, dell’animo come l’angoscia; anche l’aggressività e la violenza nei confronti delle persone, di cui sono protagonisti anche i giovanissimi e che si concentrano in modo vasto e drammatico nelle armi e nelle guerre, di cui gli adulti fabbricanti e commercianti sono interessanti protagonisti senza scrupoli.
Vivere la vicinanza, la compassione, la premura e la cura come Gesù è esperienza quotidiana di tante persone a cominciare dai medici e dagli infermieri, agli operatori dell’accoglienza nelle comunità.
Pare che in questa società ci sia un malessere diffuso più di quanto solitamente si ritiene, che spesso non è evidente, se non quando si manifesta in situazioni drammatiche.
Stare in mezzo alle persone, cercare di alleviare la sofferenza, fare il possibile per superare il dolore porta a considerare e a praticare in ogni modo possibile la prevenzione.
La terza dimensione propostaci dal Vangelo è l’atteggiamento di Gesù nella quotidianità.
Entra in casa di Simone e Andrea insieme a Giacomo e Giovanni ed è informato della malattia della suocera di Simone, a letto con la febbre.
“Si avvicina alla donna, la prende per mano, la fa alzare. La febbre sparisce e lei si mette a servirli”.
In casa, non in pubblico; fra poche persone, non in mezzo alla folla; il rapporto con una donna così semplice con la febbre… .
Gesù esprime l’attenzione, la premura e la cura che vive nei confronti di ogni oersona. E’ interessante riflettere se noi ci comportiamo con tutte le persone con la stessa attenzione e premura, considerando solo la loro dignità, non quale sia la loro situazione e condizione esistenziale.
Lo è particolarmente se riferito a persone che teoricamente nella società, nella Chiesa e nella politica dichiarano in modo retorico e poi, se si trovano di fronte a una persona piccola, povera, marginale, sofferente psichica, considerata “diversa”, non mostrano alcuna attenzione, ma anzi supponenza e distanza. Un esempio positivo al riguardo quello di papa Francesco che nel suo ultimo viaggio scende dalla macchina per soccorrere una donna della polizia caduta da cavallo.