Nelle storie delle persone, delle comunità e dei popoli, la dimensione più richiesta è senza dubbio la speranza: non quella facile, a “buon mercato”, bensì quella che apre una breccia, da dentro alle situazioni più difficili, dolorose, tribolate, perfino dentro alla morte fisica e alle tante situazioni di morte che la precedono, la attorniano e spesso la provocano: si pensi alla fame e alla guerra, ai disastri ambientali, a malattie prodotte, a vissuti di ansia, di desolazione, di solitudine, di angoscia.
Viviamo in un tempo in cui gli ideali di giustizia, di pace, di custodia della terra e di tutte le espressioni della vita, di accoglienza e fratellanza, di diritti umani uguali per tutti, sono messi a dura prova e con essi le Carte fondamentali che sono state intuite, proclamate e proposte come impegno delle persone, delle comunità e dei popoli: si pensi alla “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” e alla “Costituzione” italiana.
Nelle comunità cristiane oggi si celebra la Pasqua e si riflette se sia possibile e come passare dalla morte alla vita, con riferimento fondamentale alla vicenda di Gesù di Nazaret ucciso e risorto dalla morte, Vivente oltre ad essa.
Lui rende presente nella storia il Dio umanissimo radicalmente diverso dal dio del sistema religioso. Comunica con parole e segni un amore rivoluzionario con l’attenzione, la premura e la cura in particolare per i poveri, i deboli, gli esclusi; questo amore che accoglie si propone nello stesso tempo come possibilità di una vita nuova che a tutti chiede una conversione, un cambiamento profondo per essere aperti e disponibili; questo riguardo alle relazioni fra le persone da vivere con autenticità e cordialità; al potere da esercitare sempre e solo come servizio nelle sue diverse espressioni; al denaro da non assolutizzare come fine della vita; alle istituzioni da rendere sempre attente al bene comune, all’inimicizia e alla violenza da trasformare in nonviolenza e costruzione della pace, alla religione istituzionale del tempio da riconvertire in fede della vita nella storia.
Un amore profondo, totale, sovversivo che chiede un cambiamento.
Per il suo essere, vivere e donarsi Gesù via via è indesiderato, considerato pericoloso dal sistema, con il supporto dei diversi poteri, primo quello religioso perché lui mette in radicale discussione il dio della religione del tempio.
Viene arrestato, giudicato falsamente, condannato a morte, il braccio armato dell’impero di Roma lo tortura e crocifigge. Muore come un delinquente, un sovversivo, deriso dall’autorità e da una parte del popolo; viene abbandonato dagli amici ad eccezione di uno, della madre e di un gruppo di donne.
Pare proprio che la sua presenza e il suo annuncio del progetto di una nuova umanità siano sepolti con lui per sempre nel sepolcro, che tutto sia finito.
I discepoli sono desolati, senza prospettiva e speranza. Poi si percepisce “qualcosa”. Il sepolcro è vuoto: come mai, dove sarà?
I discepoli, donne e uomini, lo incontrano vivo e sentono di nuovo l’amore che lui aveva loro comunicato e che ora è di nuovo presente a rimotivare le loro vite, proprio perché l’amore di Gesù non poteva essere morto, chiuso in un sepolcro. Nelle diverse esperienze di morte è l’amore che può favorire la ripresa della vita, la risurrezione e quando si è animati e sorretti dall’amore rinascono la speranza e la fiducia, non in un momento, con un colpo ad effetto, bensì in un cammino. Anche la ripresa della vita è un percorso.