Continua il lungo approfondimento nel quale Gesù di Nazaret cerca di coinvolgere le persone che, dopo l’esperienza inattesa e straordinaria della condivisione dei pani e dei pesci, sono ritornate a cercarlo in modo opportunistico, senza predisporsi per nulla a diventare loro stesse promotrici di condivisione e solidarietà (Vangelo di Giovanni 6, 51-58).
Può essere per noi di grande insegnamento questo metodo pedagogico di Gesù della riflessione pacata e dell’approfondimento dei diversi aspetti in un modo in cui i twitter si rincorrono, le polemiche strumentali portano a scontri in cui sono assenti le riflessioni; in cui a una battuta si risponde con un’altra, in attesa delle prossime.. .
I pani e i pesci che Gesù ha portato a condividere vengono rapportati al pane che è lui stesso venuto a insegnare a condividere il pane e insieme a sfamare le domande di fondo sul senso della vita, su quali siano le dimensioni e qualità che rendono una vita umana significativa.
Questa è l’espressione: “Se non mangiate il corpo del Figlio dell’Uomo e non bevete il suo sangue non avete in voi la vita...perché il mio corpo è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda”.
Non si tratta del riferimento all’Eucarestia chiusa nelle celebrazioni, nei tabernacoli e nelle chiese ma all’Eucarestia che rende presente la vita, le parole, le azioni di Gesù e coinvolge a riproporle attivamente nella storia di oggi: a costruire convivenza pacifica, fraternità e pace.
Il corpo e il sangue esprimono la vita e Gesù che “è stato colui che è vissuto totalmente per gli altri” come ci ha indicato Bonhoeffer, il pastore luterano impiccato dai nazisti; per la sua opposizione attiva al loro progetto di sterminio; per questo suo amore totale e sovversivo è entrato in conflitto con la religione del tempio, con i suoi funzionari e con le classi dirigenti ed è stato arrestato e processato, torturato ed ucciso”.
“Mangiare il suo corpo e il suo sangue” significa nutrirsi del suo amore, sentirsi profondamente coinvolti dal suo essere, relazionarsi, parlare, agire, soprattutto vivere relazioni di accoglienza con tutte le persone, superando i muri di discriminazione, divisione, avversione e rifiuto.
E’ da chiedersi come sia possibile partecipare all’Eucarestia, vivere la comunione e poi sentirsi parte, condividere il pensiero negativo diffuso contro gli altri diversi, in particolare contro i migranti, e fra essi, in particolare contro i neri, come sia possibile partecipare a questo degrado dell’umanità.
Tanti parlano con una dimensione pulsionale, irrazionale. Più ancora stanno zitti e così confermano che quelle parole razziste si possono dire, anzi sono legittime. E in questo contesto si colpiscono ripetutamente le persone.
Gesù da la sua vita perché avvenga proprio l’opposto. In realtà non si può essere cristiani e indifferenti, xenofobi e razzisti: sono dimensioni totalmente contrapposte. Vangelo, spiritualità incarnata, cultura e buone pratiche di accoglienza sono la strada da seguire.