Il Vangelo di questa domenica (Marco 10,17-30) ci provoca ad una riflessione sul rapporto con il denaro, i beni, la ricchezza.
Il testo fa subito venire al cuore e alla mente un momento rivelativo e commovente della vicenda di don Lorenzo Milani. Il 26 giugno 1967, poche ore prima di morire, si rivolge al suo alunno Michele Gesualdi che lo assiste, come fanno a turno tutti i ragazzi, nella casa della madre a Firenze.
Gli parla di qualcosa di straordinario che sta avvenendo in quella stanza, che cioè un cammello passa attraverso la cruna dell’ago. È lui ricco e privilegiato quando era giovane che ha fatto la scelta dei poveri prima a San Donato di Calenzano e poi soprattutto a Barbiana, dando la sua vita di uomo e di prete come maestro di quei ragazzi. Ora è proprio lui quel cammello che passa attraverso la cruna dell’ago di cui parla il Vangelo per dire quanto è difficile ma possibile che un ricco entri nel Regno di Dio.
Il monito del vangelo riguarda l’accumulo delle ricchezze, il modo di pensare e agire di chi è parte di questo mondo e si distanzia totalmente dalla giustizia, dall’equità e dalla condivisione.
La questione riguarda le multinazionali, le concentrazioni finanziarie e anche le dimensioni più contenute, fino alle scelte e allo stile di vita personali.
Questa questione decisiva della storia dell’umanità che provoca impoverimento, fame, sete, condizioni di vita disumane riguarda anche la beatificazione di oggi in piazza S. Pietro di papa Paolo VI e del vescovo e martire del Salvador Oscar Romero.
Papa Paolo VI ha svolto il suo compito con non poca tribolazione; rispetto a questa riflessione è doveroso ricordare la sua importante enciclica “Populorum Progressio” in cui denuncia le situazioni di povertà, di dominio, di oppressione e l’importanza decisiva dei popoli soggetti di liberazione, prevedendo anche la comprensibile collera dei poveri e mettendo in relazione indispensabile la giustizia e la pace.
Il vescovo martire Romero è stato voce dei senza voce, dei poveri e degli oppressi, ha condiviso pienamente la loro sorte, ha denunciato il peccato sociale, strutturale dilagante e devastante, ha proposto le strade della giustizia e della pace con coraggio e coerenza, fino a dare la vita.
Il papa e il vescovo si sono incontrati a Roma nell’aprile del 1977; mons. Romero gli ha portato un dossier sulla drammatica situazione del paese, anche su padre Rutilio Grande, gesuita, ucciso ad Aguilares il 12 marzo 1977. Il papa lo ha preso per mano e incoraggiato evidenziando che la guida era lui. Al contrario la congregazione dei vescovi per voce del card. Baggio lo critica e lo impaurisce annunciandogli di sollevarlo dall’incarico.
L’anno successivo, il 17 giugno 1978 c’è un secondo incontro a Roma dove sono giunte notizie tendenziose e false nei suoi confronti a partire dai vescovi salvadoregni. Il papa lo incoraggia con partecipazione.
Ben diverso sarà il 17 maggio 1979, il primo incontro con Giovanni Paolo II: distante, freddo, sospettoso.
Due credenti, il vescovo e il papa molto diversi; i due incontri significativi sono stati importanti, di incoraggiamento per il vescovo martire.