Sentire Gesù di Nazareth e il suo Vangelo come riferimento, orientamento di fondo della vita è una possibilità che tante donne e uomini hanno vissuto e vivono, nelle dimensioni profonde dell’animo, nella sensibilità, nelle relazioni con le persone e con le realtà di questo mondo: denaro, potere, violenza, discriminazioni, razzismo, questione dell’ambiente.
Si tratta di una continua ricerca di fedeltà e coerenza, in mezzo alle contraddizioni, alle incertezze, alle possibili infedeltà.
Di questo ci parla il Vangelo di questa domenica (Luca 14, 25-33).
Seguire il Vangelo chiede di crescere in una profonda libertà interiore rispetto a situazioni, contesti e relazioni che insieme ad altre loro dimensioni importanti, presentano alle volte anche vincoli e chiusure. Può avvenire anche nel contesto degli affetti familiari, nei rapporti di amicizia, nelle esperienze di gruppo, tanto più in contesti sociali, culturali, politici e religiosi che trasformano il loro particolare in particolarismo e il loro essere locali il localismo chiuso: sospettoso, difensivo, aggressivo.
Il Vangelo sollecita continuamente all’andare oltre tutte quelle situazioni che limitano; ad essere disponibili, prossimi di chi si incontra di qualunque provenienza, colore della pelle, cultura, fede religiosa, lingua; distaccati dal denaro, liberi dalla cupidigia e dall’avidità; dall’apparire, dalle forme, anche piccole, di potere sugli altri; gratuiti nel dare: disponibilità, tempo, competenza, denaro.
Alle volte appunto situazioni di ambiente possono limitare questa libertà e disponibilità e diventare motivo di travaglio interiore.
Sono da considerare anche le situazioni estreme e da subito inaccettabili alla luce del Vangelo: quelle cioè in cui non solo non si cerca di liberarsi dai limiti e dalle chiusure, ma peggio li si costruisce rovesciando e tradendo il messaggio del Vangelo e assumendo posizioni di rifiuto, avversione, inimicizia, nei confronti delle persone etichettate come diverse; quanti sedicenti cristiani-cattolici hanno condiviso il divieto agli sbarchi di persone vittime prima di partire, durante il viaggio, nei lager della Libia, nella traversata del Mediterraneo e ancora nella costrizione su quelle navi? Tanti, troppi, in modo disumano e vergognoso.
Dice Gesù: “Chi mi segue senza portare la sua croce non può essere mio discepolo”. La croce, strumento di supplizio e di morte, è conseguenza della fedeltà, coerenza e perseveranza nell’attuare gli ideali e i progetti che mettono insieme la terra e il cielo, l’uomo e Dio e cercano di costruire un’umanità di giustizia, pace e fratellanza.
Le due parabole del testo esortano a riflettere in profondità su quali siano il coinvolgimento e le conseguenze nel seguire il Vangelo. Non può diventare abitudine, conformismo, superficialità, appartenenza sociale e neanche religiosa. Troppe volte si dà per scontato di essere cristiani, senza pensare che nessuno lo è veramente; possiamo diventarlo; la minor o maggior vicinanza al Vangelo dipende dalle nostre scelte, giorno dopo giorno.