Il Vangelo (Luca 21,5-19) è sempre in rapporto con le nostre vicende, con la storia dell'umanità.
Gesù di Nazaret è di fronte al tempio di Gerusalemme, edificio costruito in anni di lavoro con il contributo di tanti fedeli, luogo di identificazione e di orgoglio per il popolo. Alcuni commentano compiaciuti la bellezza dell'edificio. Gesù afferma in modo severo: “Verrà un tempo in cui tutto quello che ora vedete sarà distrutto”. I presenti con preoccupazione gli chiedono quando avverrà e se ci saranno segni premonitori.
Il testo del Vangelo, con linguaggio e immagini apocalittiche propri del tempo, riferisce che Gesù indica un periodo complesso e tribolato di violenze, povertà, malattie, fenomeni spaventosi, disaccordi anche tra familiari e amici, persecuzioni per i propri vissuti e la testimonianza conseguente.
L'esortazione è a resistere: “Se saprete resistere fino alla fine salverete voi stessi”.
Ci può essere anche oggi da parte di alcuni o di molti il compiacimento orgoglioso, anche per edifici di culto di straordinaria bellezza, ma di più per le conquiste scientifiche e tecnologiche, per scoperte e realizzazioni straordinarie in diversi ambiti.
Nulla da togliere a queste acquisizioni e realizzazioni, nessuna diminuzione della loro importanza, parafrasando però il messaggio del Vangelo si può ugualmente affermare: “Non resterà nulla di tutto questo, tutto sarà distrutto” perché riguarda solo una piccola parte dell'umanità e la grande parte di essa non ne trae beneficio, nè per ora si intravedono i segni perché questo possa avvenire.
A cosa serve esaltare la tecnologia se un miliardo di persone soffre l'impoverimento e la fame, 800 milioni non hanno accesso all'acqua potabile? Se questo “modello di sviluppo” insieme alla povertà, alla fame alla sete, lascia senza istruzione, cure mediche, lavoro, casa la gran parte dell'umanità? Come non pensare alla tecnologia impiegata in armi sempre più sofisticate e terribili la cui produzione e vendita, i cui costi sono in aumento? Come non pensare ai disastri ambientali procurati dall’uomo che si sente padrone e dominatore e non premuroso custode di tutto il creato?
La resistenza riguarda un altro modo di concepire il mondo, le relazioni tra persone, popoli, culture e fedi religiose diverse, con la madre terra e tutte le espressioni della vita. La resistenza non è passiva ma sollecita ad un'altra visione, ad un altro modo di pensare e di agire. Einstein ha detto: “Il pensiero che ha creato una crisi non può essere lo stesso che la fa superare, bisogna pensare ad altro”.
Prospettare cioè una convivenza tra persone, comunità, popoli con la coscienza di essere piccole parti di un grande tutto, dell'interdipendenza di tutti gli esseri viventi, con una propensione operativa e continua alla cura di tutto e di tutti. Altrimenti, e già li vediamo i segni preoccupanti, tutto sarà distrutto.