DOMENICA 8 Marzo 2020 Vangelo Matteo 17,1-13
08/03/2020

DOMENICA 8 MARZO 2020
Cercare la profondità oltre la figura
Vangelo di Matteo 17,1-13

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti». Allora i discepoli gli domandarono: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?». Ed egli rispose: «Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro». Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Il Vangelo di questa domenica (Matteo 17, 1-13) ci sollecita a riflettere sul rapporto tra la figura e la profondità, intendendo per figura quello che appare e si ritiene di conoscere e di sapere e per profondità quelle dimensioni e quei vissuti interiori che alle volte si rivelano e altre spesso restano celati e inespressi. Il racconto evangelico narra l’esperienza vissuta dai discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni invitati da Gesù a salire con lui sul monte. Con le caratteristiche letterarie, storiche, religiose e simboliche proprie del tempo si è coinvolti a riflettere sulla loro sorpresa nel percepire in modo più diretto, nitido e profondo chi è Gesù, oltre la figura che di lui presumono di conoscere ascoltando quotidianamente le sue parole, vedendo i suoi atteggiamenti e i suoi gesti. Si può dire che la gente di allora e anche i discepoli percepiscono a intermittenza la figura di Gesù anche a seconda delle loro precomprensioni e attese. Per i segni che compie alle volte è identificato come il Messia; cresce la stima e la fiducia in lui, ma egualmente si lasciano dominare dalla paura anche se lui è presente; fraintendono e sognano la gloria quando Lui avrà instaurato il nuovo regno a Gerusalemme, non capiscono il suo annuncio di avversione, sofferenze e morte violenta di cui sarà vittima, con la fiducia nella resurrezione, cioè di una presenza e di un significato profondo e perenne della vita. Quale può essere stata la scoperta da parte dei tre discepoli della profondità di Gesù, quel giorno, sul monte? Con umiltà, in punta di piedi, si può osare a dire che hanno percepito con evidenza e profondità maggiori le qualità fondamentali del Maestro: il suo amore incondizionato, la sua straordinaria sensibilità, la continua compassione come vibrazione dell’anima di fronte alle persone nelle loro diverse condizioni, con un’attenzione speciale a quelle sofferenti nel corpo, nella psiche, nel cuore, nella profondità dell’anima; la sua grande forza interiore per la giustizia e per la verità e la sua tenerezza e dolcezza; il coraggio del profeta, la sua profonda spiritualità unita alla preoccupazione per il pane, la salute, la formazione delle coscienze; il suo congiungere nel profondo del suo essere umanità e divinità, concretezza e mistero, il suo essere mistico e rivoluzionario. Anche attualmente si dovrebbe avvertire il desiderio di andare oltre la figura di Gesù Cristo che l’istituzione religiosa così spesso comunica: redentore, salvatore, ma dell’anima staccato dai corpi, dalle
storie delle persone; buono per tutte le situazioni: per la violenza e la non violenza; per la guerra e per la pace; per l’accoglienza e per la discriminazione ed esclusione; per la giustizia e per l’adeguamento alle ingiustizie; per la presunzione di neutralità e invece per l’esigenza di schierarsi… e altro ancora. È fondamentale cercare costantemente di liberare Gesù dagli involucri dottrinali, religiosi, sacrali, liturgici in cui è stato rinchiuso. Questa esigenza di trasfigurazione riguarda ciascuna e ciascuno di noi; nella ricerca di diventare e di essere migliori, non i migliori che comporta subito competizione, supremazia, elenchi di importanza; migliori nel senso della pratica delle virtù con un continuo lavorio interiore in noi stessi. L’esigenza di trasfigurazione riguarda nello stesso tempo gli altri, il superamento delle loro figure conosciute e divenute “scontate” per percepire le loro qualità più profonde e importanti alcune volte rivelate, altre non ancora, ma intuibili, da incoraggiare ad esprimersi. La trasfigurazione delle persone è legata strettamente alla trasfigurazione positiva della terra, degli esseri viventi e della storia.

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