Il brano del Vangelo di questa domenica (Matteo 20, 1-16) parla di lavoro, ma non di organizzazione, di contratti, neanche delle grandi questioni sempre aperte e drammaticamente attuali, quali il rapporto tra sicurezza e lavoro, con il numero impressionante di morti e ancora fra salute e lavoro; tanto meno ci sono indicazioni sui cambiamenti in atto in questa nuova fase della storia.
Il Vangelo descrive una situazione in cui il proprietario di una grande vigna invia in diversi momenti della giornata operai disoccupati a lavorare: al mattino presto, alle nove, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio e ancora alle cinque.
Anche se non si tratta della medesima situazione, per associazione di immagini si è portati a pensare ai caporali che reclutano lavoratori per le campagne riducendoli in schiavitù, migliaia e migliaia nel nostro Paese.
Non si dovrebbe mai dimenticare il primo articolo della Costituzione che afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” stabilendo quindi un rapporto inscindibile tra dignità della persona e lavoro, fra libertà, democrazia, diritti e lavoro.
La parabola evangelica racconta che alla sera il padrone della vigna chiama il suo fattore per dare a ciascun operaio la paga concordata.
Succede qualcosa di inatteso, sorprendente e nell’immediatezza incomprensibile. Agli operai chiamati per ultimi a lavorare viene data una moneta d’argento come ai primi che hanno faticato tutto il giorno sotto il sole.
Questi, in modo più che comprensibile protestano perché avvertono profondamente ingiusto il comportamento del padrone.
Di fatto sembra un’ingiustizia, un imbroglio. Il padrone a coloro che giustamente protestano osserva che lui ha dato loro la paga di una moneta d’argento concordata al mattino, quindi non fa loro un torto.
Lui in modo libero, magnanime e gratuito si sente di dare agli altri oltre il dovuto; dice: “Non posso fare quello che voglio con i miei soldi? O forse sei invidioso perché io sono generoso con loro?”
Poi Gesù: “Così, quelli che sono gli ultimi saranno i primi e quelli che sono i primi saranno gli ultimi.”
Le due espressioni si richiamano una nell’altra; quest’ultima, sui primi e gli ultimi, liberata da commenti alle volte banali; è invece una affermazione rivoluzionaria perché sovverte gli attuali assetti caratterizzati da ingiustizia e sfruttamento e reclama giustizia e uguaglianza legate inscindibilmente alla pari dignità e ai diritti uguali per tutte le persone.
La gratuità del padrone della vigna può indicare oggi l’importanza fondamentale di un progetto di società e umanità in cui il criterio decisivo e assoluto non sia il profitto ma invece la qualità della vita delle persone e delle comunità e la premura per la custodia della casa comune.
Celebriamo l’Eucarestia il martedì e giovedì alle ore 8.00 nella sala Petris; la domenica alle ore 8.00 e 10.30 sempre in Sala Petris.