Il Vangelo dell’annunciazione (Luca 1,26-38) ha suscitato continuamente riflessioni, coinvolgimenti, espressioni artistiche: letterarie, pittoriche, musicali…
Probabilmente perché riguarda la questione decisiva del rapporto con l’alterità, esperienza continua, concreta e misteriosa della nostra vita.
L’irruzione di una situazione inattesa e provocante nella vita di Maria viene infatti sperimentata anche da noi, naturalmente con la piena diversità. E questo negli aspetti e dimensioni positivi, coinvolgenti e commoventi e in quelli difficili, dolorosi, anche drammatici.
L’angelo messaggero del Mistero di Dio propone a Maria un percorso di vita completamente diverso da quello da lei progettato insieme a Giuseppe a cui è legata da un amore profondo e corrisposto.
Le propone di diventare madre in modo misterioso di un figlio speciale, atteso da generazioni.
Lo scrittore erri De Luca su questa storia unica ha scritto un testo: “In nome della madre” per dare voce a Maria che si racconta in prima persona come ragazza, donna e madre. “E’ la storia di una ragazza operaia della divinità, che travolge ogni costume e legge”. Racconta l’amore e la fiducia straordinari che il giovane Giuseppe umile e giusto nutre per Maria così da sposare quella donna incinta che ama profondamente, da predisporsi ad accogliere quel figlio non suo, da andare oltre le regole e le convenzioni della società e della religione per accogliere madre e figlio.
I dubbi, gli interrogativi, i tormenti di Maria e poi di Giuseppe vengono da loro affidati a Colui che è fonte di vita e di proposte inattese, che provoca a rapportarsi con l’alterità non conosciuta, non subito leggibile e comprensibile.
L’affidamento diventa disponibilità al servizio di questo progetto, a rapportarsi con l’alterità di Dio e del figlio annunciato del tutto speciale.
La Bibbia nel libro della Genesi ci racconta le conseguenze drammatiche del rifiuto a rapportarsi con l’alterità; ne sono protagonisti Adamo ed Eva nel loro desiderio di onnipotenza e onniscienza, come suggerisce il serpente: “sarete come Dio”. La non accettazione dell’alterità di Dio nel riconoscersi creature li porta a rompere l’equilibrio fra loro e a sperimentare paura, vergogna, menzogna.
Caino non accetta di rapportarsi con l’alterità del fratello Abele, non lo sopporta e in un processo di gelosia, invidia, competizione lo uccide e così elimina l’alterità della sua presenza.
Maria e Giuseppe invece accolgono la provocazione misteriosa e concreta dell’alterità di Dio, di quel bambino che nascerà e di quella reciproca del loro rapporto.
L’alterità tutti ci riguarda nei rapporti personali, familiari, sociali, comunitari; sono sempre una provocazione interiore alla riflessione, alla verifica di noi stesi, dei nostri pensieri, delle nostre parole e azioni.
L’alterità si presenta anche come situazione che riguarda tutti, come l’attuale pandemia: chiede risposte interiori e operative: umane, sanitarie, etiche, politiche, comportamentali che qualche volta possano sembrare impossibili come ha detto Maria all’angelo: “Com’è possibile?”, come a dire con umiltà, coraggio e responsabilità che nulla deve fermarci preventivamente.
Anche il progetto di una nuova umanità di fratelli e sorelle come propone papa Francesco nell’enciclica “fratelli tutti” può sembrare impossibile. Lui stesso afferma “Un progetto con grandi obiettivi per lo sviluppo di tutta l’umanità oggi suona come un delirio; c’è invece bisogno di costruirci un Noi che abita la casa comune, invece la cultura che stiamo producendo è vuota, protesa nell’immediato, priva di un progetto comune”.