In questa prima domenica dell'anno 2021 nelle comunità cristiane si è chiamati a continuare la riflessione sulla presenza di Dio nella storia nell'umanità di Gesù di Nazaret. A questo sollecita l'inizio del Vangelo di Giovanni che si esprime con una narrazione teologica che mette insieme in modo profondo il cielo e la terra, divinità e umanità.
Non si tratta di una teologia speculativa, bensì della lettura dell'intreccio vitale fra queste due dimensioni. “Al principio, prima che Dio creasse il mondo c'era colui che è -la Parola-. Egli era con Dio, egli era Dio. Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa. Egli era la vita e la vita era la luce per gli uomini…”.
La parola non è vuota, ma forza della vita; crea, si fa storia; così sperimentiamo nelle nostre piccole e parziali esperienze: la parola diventa presenza, relazione, attenzione, disponibilità, reciprocità. Certo ci sono parole e parole. Quelle che esprimono superficialità e conformismo, volontà di potenza e supremazia; violenza e disprezzo, menzogna e ipocrisia, inganno.
Queste parole favoriscono e determinano disumanità, sono espressione del male, non comunicano ma distruggono. Il senso autentico delle nostre parole sta nel comunicare con quella profondità e quelle dimensioni che stanno prima e oltre le parole stesse, nel silenzio in cui si formano e si preparano.
“La parola, luce vera che illumina ogni uomo sta per venire nel mondo fatto per mezzo di lui, ma il mondo non ha riconosciuto. È venuto nel mondo che è suo, ma i suoi non lo hanno accolto”.
La parola più vera è autentica si fa uomo in Gesù di Nazaret e diventa segno di contraddizione accolto e soprattutto rifiutato. La parola si esprime in parole e gesti, orienta diversamente la storia: umiltà, non arroganza; giustizia non ingiustizia; nonviolenza e costruzione della pace non armi e guerra; amicizia e fratellanza, non inimicizia; compassione cura non indifferenza, non girarsi dall'altra parte; coerenza fra dire, il pregare e l’operare. “Nessuno ha mai visto Dio – dice il Vangelo- il Figlio unico di Dio, quello che è sempre vicino al padre, ce l'ha fatto conoscere”.
Cercare con umiltà e perseveranza di riferirsi a Dio significa quindi seguire la prospettiva di Gesù, cercare di attuare il suo insegnamento. Nei giorni precedenti il Natale è stata annunciata la beatificazione del magistrato Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990 a 37 anni, un magistrato coraggioso, un cristiano autentico. La fede in Dio è stata per lui ricerca di verità e giustizia e loro attuazione. Sul suo diario ha scritto: “Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti ma credibili”. La credibilità è rendere viva e autentica la parola, le nostre parole.