DOMENICA 5 AGOSTO2007 - Vangelo di Luca 12, 13 - 21 (senza audio)
05/08/2007

Senza contributo audio

Il Fondamento, il senso ultimo dell’esistenza, le vere ricchezze

Un tale che stava in mezzo alla folla, disse a Gesù: “Maestro dì a mio fratello di spartire con me l’eredità”. Ma Gesù gli rispose: “Amico, non sono qui per fare da giudice nei vostri affari o da mediatore nella spartizione dei vostri beni”. Poi disse agli altri “Badate di tenervi lontani dal desiderio delle ricchezze, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni, anche se è molto ricco”.

Poi raccontò loro questa parabola: “Un ricco aveva delle terre che gli davano abbondanti raccolti. Tra sé e sé faceva questi ragionamenti: “Ora che non ho più posto dove mettere i nuovi raccolti, cosa farò?” E disse: “Ecco, farò così, demolirò i vecchi magazzini e ne costruirò altri più grandi. Così potrò metterci tutto il mio granno e i miei beni. Poi finalmente potrò dire a me stesso: Bene! Ora hai fatto molte provviste per molti anni. Riposati, mangia, bevi e divertiti!” Ma Dio gli disse: “Stolto, proprio questa notte dovrai morire, e a chi andranno le ricchezze che hai accumulato?” Alla fine Gesù disse: “Questa è la situazione di quelli che accumulano ricchezze solo per se stessi e non si preoccupano di arricchire davanti a Dio”.

 

Il dramma dell’umanità, con l’uccisione ogni giorno di migliaia di persone, a cominciare dai bambini, a causa della fame, della sete, di malattie curabili, è determinato dalla logica dell’accumulo, della massimizzazione dei profitti, dai privilegi, dall’enorme disparità fra le possibilità di gran parte di noi del mondo ricco e di quei mondi ricchi anche in mezzo ai paesi poveri: è l’ingiustizia strutturale del mondo decisa, voluta con determinazione, anche con violenze terribili e guerre assurde, perché ogni guerra lo è e per questo è sempre inaccettabile. Se centinaia di milioni di persone vivono con uno - due euro al giorno, un’etica laica e razionale, senza rivestimento di nessun moralismo e di nessuna esortazione retorica, ci fa vivere il germe della vergogna, che può essere premessa alla conversione, pensando al nostro consumismo, da noi comunque giustificato, a come quella cifra noi sprechiamo futilmente, ancor di più ora nel tempo delle vacanze estive. Pare che una delle spiegazioni dell’avidità dell’accumulo, del privilegio si trovi nel desiderio di rassicurazione delle incertezze esistenziali, dei vuoti interiori; essere ricchi e potenti pare dia l’illusoria certezza di essere forti, sicuri, potenti, invincibili, così come l’essere violenti, fino a colpire a morte l’altro, pare dia l’illusione di allontanare la propria morte, proprio nel momento che la si procura ad altri. Le esperienze della vita ci insegnano, proprio a cominciare da quelle delle famiglie dei nostri paesi e dei nostri quartieri, che il denaro, le case, i campi, ad esempio quelli lasciati in eredità dai genitori o da qualche parente, spesso diventano motivo di contesa, di durezza, di violenza, di rottura delle relazioni, di inimicizie perenni. Gesù viene interpellato da un tale che sta in mezzo alla folla perché intervenga a proposito della divisione dell’eredità con suo fratello; la domanda non è impertinente perché i maestri della legge erano chiamati ad intervenire su una questione che univa aspetti giuridici e motivazioni religiose. Gesù coglie l’occasione per una riflessione e un insegnamento di fondo sul senso ultimo della vita e delle relazioni e rispetto a questo sul rapporto con il denaro e i beni, ammonendo “che la vita di un uomo non dipende dai suoi beni, anche se è molto ricco”. Le esperienze della vita ci confermano quotidianamente questa verità esistenziale, tradotta anche nel linguaggio popolar sapienziale che ad esempio, afferma: “Quando una persona muore, non può portare nulla con sé, né denaro, né gioielli, né case, né campi…” La profondità delle relazioni di amore e amicizia non dipendono dall’avere; la bontà la disponibilità, la dedizione nemmeno; e neanche la serenità dell’animo; e meno ancora la fede, anche se qualcuno pensa “di potersi comprare anche la fede, anche il paradiso, addirittura anche Dio”. La bramosia dell’accumulo, la cupidigia dell’avere costruiscono un moloch sul cui altare si immolano quotidianamente migliaia di vittime, per il quale si è disposti a tutto: ad opprimere, a competere in modo spietato, a prostituire la coscienza, a sfruttare, a rendere schiavi, a uccidere le persone, a distruggere l’ambiente vitale. Per evidenziare il suo insegnamento Gesù racconta una parabola. Un grande latifondista valuta la particolare abbondanza di raccolti delle sue terre; progetta di costruire nuovi magazzini più grandi per potervi stivare tutti i raccolti: il grano prima di tutto e poi gli altri. Il soliloquio del capitalista è tutto centrato su di sé: “il mio raccolto, i miei magazzini, i miei beni”; gli altri non esistono, le loro condizioni non interessano: vivano o muoiano non ha rilevanza, importanti sono solo lui e i suoi beni. Il possedere tanto gli dà la sicurezza di vivere in modo sicuro, brillante, gaudente: “Riposati - dice a sé stesso - mangia, bevi, divertiti!” Ma Dio gli dice: “Stolto! Proprio questa notte dovrai morire e a chi andranno le ricchezze che hai accumulato?” La finitudine, la provvisorietà del vivere, il senso del limite non sono premessa al pessimismo, né rallentamento nella progettazione e nell’impegno, bensì verifica continua sugli esiti, sulle conseguenze; richiamano di per sé il bene comune a cui sempre si deve tendere, per un vincolo etico condiviso che inizia proprio dalla comune appartenenza all’unica famiglia umana e dalla uguale dignità di ogni persona. A seguito di questo Vangelo i Padri della Chiesa dicevano che l’accumulo della ricchezza è un furto ai poveri. Così Gesù conclude. “Questa è la situazione di quelli che accumulano ricchezze solo per sé e non si preoccupano di arricchire davanti a Dio”. Arricchire davanti a Dio significa vivere nella profondità del cuore la relazione con lui e con gli altri che di per sé diventa premura, cura, impegno per la vita di tutti: per la giustizia, la pace, la fraternità. “O Dio o il denaro”; o relazioni di fraternità con gli altri o egoismo, avidità, privilegi: la scelta è chiara.

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